“Odio il Natale all’iper per 450 euro al mese”

 

Da: "La stampa",
martedì 12 dicembre 2006

 

Graziana detesta il
Natale: «Tutto questa melassa sulle famiglie mi dà 
fastidio mentre io e mio marito non ci vediamo quasi più.
Stiamo sempre all’iper e alla fine siamo così stanchi e
frastornati che non abbiamo neanche voglia di comprarli i regali per
noi. E forse è anche meglio così perché tanto
soldi ce ne sono pochi». Ha trent’anni, uno stipendio di 450
euro al mese. E dice: «Il cognome no, perché non c’è
un bel clima nell’ipermercato dove lavoro, non ti devi mai
lamentare. Devi essere soddisfatta di quei pochi euro, di cambiare
gli orari quando gli fa comodo». E’ cassiera e ha un
contratto part-time da 16 ore alla settimana. Racconta: «Da me
ci sono anche gli studenti che hanno il tempo parziale verticale
tutto concentrato nei weekend, ma loro sono ragazzi, lo fanno solo
per guadagnare qualcosa. Ma noi, e siamo tante, così ci
dobbiamo campare». Graziana ha un marito che è anche un
collega: «Lui è di quelli che vanno all’iper all’alba,
alle cinque, per rifornire gli scaffali. Abitiamo lontano e si alza
alle quattro meno un quarto. Io a quell’ora dormo, non ci salutiamo
neppure». Poi il marito fa un secondo lavoro. «Per forza,
altrimenti non si mangia: così ai 400 euro dell’iper ne
somma altri 5-600. Al pomeriggio vende attrezzi sportivi in un
grandissimo negozio, sempre a mezzo tempo. Torna alle otto-otto e
mezza morto di stanchezza». Ma spesso Graziana non è in
casa perché fa il turno dalle 19 alle 22 e così «per
quel giorno tanti messaggini sul cellulare e arrivederci». Poi
arriva il Natale: «Per noi è la fine: scoprono
improvvisamente che sono fondamentale e mi fanno lavorare ogni
domenica. E anche durante la settimana il mio orario lievita e
cambia. I miei genitori erano operai e hanno sempre fatto i turni.
Però almeno sapevano quando entravano, quando uscivano, quale
settimana il primo turno, quale il secondo. Non era bello, però
potevano organizzarsi. Noi no». Graziana ha un pallino: «Mi
piacerebbe che chi compera, ha fretta e magari si lamenta perché
è in coda alla cassa, sapesse che noi facciamo una vita dura».
Adesso lei sta in cassa almeno sei ore al giorno, il marito allunga
l’orario, le domeniche «ci vengono prese e senza un euro in
più; io ho recuperato stando a casa mercoledì, Walter
invece il lunedì». E ha una certezza: «Sono quasi
dieci anni che va così, non credo che cambierà  mai. Il
prossimo Natale sarò ancora qua con le testa gonfia per il
rumore»

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