Cartoline dalla cina #5

Google: non solo motore di ricerca

Secono molte indiscrezioni, in settimana si consumerà il destino di Google in Cina. Sembra vicino il suo definitivo oscuramento: la Cina nonha bisogno di Google.

La storia di Mountain View in Cina passa quasi sempre attraverso il ricordo del patto sancito tra Google e governo cinese, nel 2006, circa i filtri alla ricerche, per evitare contenuti sgraditi a Pechino. In realtà c’è molto di più e il contenuto degli anni cinesi di Google non può che porre in dubbio chi ritiene che lo strappo compiuto dai vertici dell’azienda, sia dovuto ad un mercato poco interessante. Vero che Baidu è leader, ma è anche vero che i motori di ricerca in Cina costituiscono un mercato in rapida ascesa. Non si tratta solo di search engine: si tratta di suite di navigazione, di mail, di download, di servizi e di telefonia mobile. In parole povere: pubblicità e informazioni. Google nel 2005 pose alla propria guida cinese Lee Kai Fu: la notizia rimbombò da Pechino a Redmond, sede della Microsoft. Lee era infatti il vice presidente cinese dell’azienda di Bill Gates e il suo passaggio a Google sembrò sancire una svolta epocale negli equilibri mondiali delle aziende internet. Con la sua presenza Google sembrava avere trovato la chiave per scardinare il mercato cinese. Lee si mise al lavoro pronosticando tempi lunghi, da buon cinese, per l’affermazione nella Terra di Mezzo del motore di ricerca Usa.

Nel 2006 attivò google.cn con gli accordi del caso e poi iniziò il proprio cammino in Cina, come gu ge, nome cinese annunciato da Eric Schmidt nel 2006: nel 2007 avvia la partnership con China Mobile, investe in Xunlei, un downloader di file cinesi, acquisisce 265.com un sito dall’altro traffico (contemporaneamente Baidu acquisisce qualcosa di simile, hao123.com), investe poi in Tianya, la principale BBS cinese con cui lancia un servizio simile a quello di Yahoo! Answer e annuncia una partnership con Sina.com il principale portale della Cina. Tra il 2008 e il 2009 lancia i propri servizi di mp3 attraverso accordi con siti cinesi. Poi dal giugno 2009 i primi scricchiolii: in primis l’accusa di veicolare contenuti pornografici, poi a settembre le clamorose dimissioni del boss cinese Lee Kaifu, via twitter. Proprio lui, il giorno dello strappo di Google con la Cina, ha twittato un messaggio che sancisce una delle letture in voga nel web cinese: «un capitano non dovrebbe mai sfuggire ai propri doveri, specie se a conoscenza del fatto che la nave sta affondando».

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