Meno di un anno. Tanto è durato il sogno di decine di giornalisti ‘free lance’ – che fa tanto figo ma si legge ‘senza contratto’ – e aspiranti giornalisti.
Il sogno si chiamava ‘Epolis Roma’, un free press tutto nuovo. Una di
quelle occasioni che non capitano tutti i giorni. I sogni però durano
poco: sono precari pure loro.
Lo sanno bene i collaboratori di Epolis.
All’inizio non ci fai troppo caso se un pezzo lo pagano 18 euro.
Pazienza se non c’è rimborso spese. Ma pazienza oggi e pazienza domani
la domanda s’impone: ma questi quando pagano? E qui il sogno s’infrange
e volge in incubo: il giornale è in crisi.
Troppe spese poca
pubblicità. Le pubblicazioni sono sospese, i giornalisti assunti
finiscono in cassa integrazione. Arriva un altro editore, torna il
giornale, tornano le promesse: pagamenti per Natale. Ma i soldi non
arrivano, o almeno non a tutti: c’è chi oggi deve avere ancora quelli
del 2006. Chi sperava di far valere quegli articoli per iscriversi
all’albo sta peggio di prima. Tempo perso, soldi persi: e i sogni? La
speranza, si sa, è l’ultima a morire ed è, più del denaro, il motore
che muove il mondo.
Così, grazie ai sogni dei precari, è nato un altro
giornale. Si chiama DNews e a dirigerlo sono i fratelli Cipriani –
direttore e condirettore del vecchio Epolis – che nelle redazioni hanno
accolto molti ‘profughi’ di Epolis. Gli altri, chiaramente, fanno i
collaboratori: come prima. Le promesse sono le stesse: il giornale è in
start-up, fate la gavetta e si vedrà.
E loro, con quel sogno e la
volontà testarda di diventare giornalisti, sono tornati ad essere
precari, pagati tanto al pezzo. Ma il lavoro a cottimo non era roba del
passato? Un po’ di diffidenza adesso c’è, ma che fare quando le
alternative stanno a zero? Si tira la cinghia e si continua a sperare,
che sperare non costa nulla e aiuta a non pensare che un passo più in
là c’è l’incubo della disoccupazione.
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