La class action di San Precario

Malpensa, quando la class action ottiene più risultati di una causa in tribunale
Una class action con ottimi risultati. Ben oltre le previsioni. Dove non sono arrivati i sindacati, è riuscita l’azione collettiva di 220 assistenti di terra di Malpensa che, stanchi di aspettare uno scatto di livello e anzianità mai riconosciuti, hanno fatto causa contro la Sea Handling e, senza nemmeno doverne aspettare l’esito, hanno ottenuto molto di più. Proprio quando la battaglia legale, con in ballo circa un milione e mezzo di euro, stava per entrare nel vivo è arrivato un accordo collettivo: salto di qualità non solo per loro, ma per tutti i dipendenti della stessa categoria e nelle stesse condizioni, quelli di Linate compresi.

Un risultato concreto, pur non volendo escludere che si tratti di una coincidenza. Tanto che i duecentoventi sono pronti a gettare le armi e abbandonare la battaglia legale. Risolto il problema, gran parte di loro ha già formalizzato l’estinzione del contendere contro la Sea Handling davanti al Tribunale di Busto Arsizio il 5 novembre scorso. Gli ultimi, una ventina, lo faranno il 24 novembre. Si chiude così il fascicolo lavorativo che centinaia di hostess e steward avevano deciso di far aprire nel giugno del 2009,  quando si erano convinti ad agire da soli per smuovere una situazione che ai loro occhi si presentava in pieno stallo. Tutti più o meno assunti tra il 1998 e il 2000, di età compresa tra i 30 e i 35 anni avevano in comune una nota dolente.

Ciascuno inizialmente impiegato per svolgere specifici ruoli di assistente di terra, si sarebbe presto trovato (chi dopo tre mesi, chi dopo un anno) ad ampliare il raggio delle attività occupandosi – a seconda delle esigenze – della predisposizione dei documenti dei passeggeri di bordo e loro accettazione,  ma anche dell’assistenza alle operazioni di sbarco oltre che del ritiro, transito bagagli, così come del supporto ai minori non accompagnati o passeggeri in transito.

Per questo rivendicavano un inquadramento superiore di III livello rispetto a quello riconosciuto. Un salto che in ogni caso ritenevano sarebbe dovuto scattare anche per l’anzianità da loro maturata nella società.  E per cui da tempo cercavano di ottenere risposte, mai arrivate finchè dopo aver atteso anni, in duecentoventi (più della metà dell’organico Sea come assistenti di terra) uno dopo l’altro avevano preso carta e penna per dare mandato agli avvocati Paulli, Pironti, Laratro (il pool di San Precario n.d.r.). Non era passato molto perchè al Tribunale del lavoro di Busto Arsizio arrivasse il voluminoso fascicolo, con l’obiettivo di salvare il salvabile. La prescrizione non permetteva di agire sui primi anni trascorsi a sperare che si arrivasse ad una soluzione, ma i duecento potevano ancora lottare per l’inquadramento e le differenze retributive per gli anni successivi. Per un totale che si aggirava intorno al milione e mezzo di euro.

Invece, la società e le rappresentanze sindacali a cui per anni l’esercito di assistenti non era riuscito a fare appello, hanno trovato tempo e termini per venirsi incontro e proprio in merito alle faccende in questione: riconoscimento di anzianità e terzo livello, con un saldo delle differenze retributive arretrate pari al 65%. Il vantaggio è per tutti, compresi i duecentoventi che quindi decidono di sottoscrivere il documento, mettendo la parola fine alla questione. Senza esporsi oltre ad un sempre imponderabile rischio di una decisione del tribunale.

Il Fatto Quotidiano 18 novembre 2010 – di Cristina Manara

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