Le mazzate (previste) della crisi finanziaria

La crisi finanziaria di questi giorni sta cominciando a costare cara
anche ai lavoratori. Pensioni e liquidazioni subiscono bruschi e ampi
ridimensionamenti. E’ di ieri la notizia che il Fondo Pensione
Integrativo dei metalmeccanici “Cometa”, gestito dai sindacati, per il
solo crack della Lehmann Brothers, ha perso più 3,5 milioni di euro,
pur se la quota di azioni non superava lo 0,1%. A tali perdite si
devono sommare gli effetti derivanti dal calo di oltre il 35% delle
borse mondiali.


Anche il fondo pensione dei giornalisti (che conta più di 15mila
iscritti) segna profondo rosso. Se si esclude la gestione garantita
(+0,5% da gennaio a luglio) i valori delle quote degli altri tre
comparti sono diminuiti. La linea "Prudente" (quella che conta il
numero più alto di adesioni) ha perso nei primi sette mesi dell’anno il
3,65 per cento. Peggio hanno fatto il "Mix" (secondo per numeri di
iscritti, quasi 4mila) che ha ceduto l’8,25% e la linea "Crescita"
(-10,48%).

Di converso, se i rendimenti borsistici scendono, chi ha lasciato
il Tfr in azienda ha ottenuto una rivalutazione di gran lunga
superiore, pari al 3,1% netto.

Sono dati che non possono stupire.La crisi, infatti,  nasce e si
sviluppa all’interno di quello che è il cuore del capitalismo
contemporaneo.  Non riguarda un settore marginale, bensì il luogo dove
si materializzano i profitti e si decidono le strategie di
finanziamento dell’accumulazione. Molti soggetti economici hanno
pensato di cavalcare il nuovo ruolo dei mercati finanziari con
l’illusione di poterne trarre profitto, senza rendersi conto pienamente
che, lungi dall’eliminare le gerarchie e i poteri economici, i mercati
finanziari andavano a costituire una nuova forma di potere più
sofisticato e pervasivo. Con questa illusione (e non sempre in buona
fede), hanno operato anche i maggiori  sindacati, all’interno di una
logica non dissimile da quella concertativa. I risultati non potevano
che essere disastrosi. Far dipendere quote crescenti del reddito da
lavoro dall’andamento delle borse mondiali significa infatti legare
l’andamento delle retribuzioni e il salario differito (Tfr e pensioni)
alla dinamica speculativa e dei profitti. Quando va bene, si raccolgono
le briciole, quando va male – come oggi – si prendono mazzate. Possiamo
dire che i sindacati sono così diventati complici di quello stesso
sistema di sfruttamento del lavoro che in teoria avrebbero dovuto
combattere.  Emma Marciagaglia, neopresidente di Confindustria,
recentemente ha invitato i sindacati a diventare, guarda caso, 
"complici" delle imprese.  Lo sono già.

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