Mayday 007

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1° maggio 007

Milano, Porta Ticinese – ore 15.00

http://www.euromayday.org

Ci rivolgiamo
Ai precari e alle precarie, ai lavoratori e alle lavoratrici. Ai nativi
ed ai migranti, uomini e donne. Ai contorsionisti della flessibilità ,
alle equilibriste del quotidiano. Ai cocoprecarizzati, alle interinali,
alle false partite IVA, ai precari a tempo indeterminato e ai garantiti
chissà  fino a quando. Agli studenti, ai ricercatori, alle ricercatrici
ed alle precarie della formazione e dell’informazione. A tutti/e
quelli/e che cercano reddito e salario, a tutti/e coloro che pretendono
diritti.

Let’s Mayday

Per la settima volta la Milano precaria grida Mayday !

L’urlo che sette anni fa ha squarciato il silenzio
imbarazzato dei media, e di ogni istituzione, di destra come di
sinistra, che avvolgeva la questione precaria, si è trasformato oggi in
una potente evocazione, in un riferimento unico, in una tappa
imprescindibile della politica nazionale.

Ogni Mayday costituisce storia a sé, lo si sa, ma
nell’arco del tempo il protagonismo dei precari e delle precarie si è
fatto sempre più evidente assumendo una centralità  che si è emancipata
dall’intermediazione di sindacati, partiti e centri sociali. Nell’anno
che ha ribadito l’inaffidabilità  dei partiti “radicali” e lo
smarrimento del movimento, precari e precarie hanno trovato modi e
tempi per auto-organizzarsi nella rappresentazione di piazza e
nell’evoluzione del percorso che unisce una Mayday all’altra.


La Mayday 007 parla di conflitto

 

Da sempre siamo convinti che la precarietà 
costituisca un elemento di crisi non solo nella società , ma anche nei
movimenti sociali, politici e sindacali che cercano di attraversarla e
cambiarla. E la Mayday ha dimostrato proprio questo. Chi vuole agire
contro la precarietà  non può non fare i conti con i meccanismi che la
generano. La precarizzazione è un fenomeno complesso, un mix micidiale
di atomizzazione, ricatto e consenso.
Il crescente protagonismo dei precari è il frutto di un percorso che ha
saputo, partendo dalla narrazione collettiva, generare un processo
virtuoso che ha sostituito l’azione visibile, ma molte volte
estemporanea, che ha preceduto molti primi maggio, in un’accumulazione
continua di volontà , talenti e passioni che a loro volta hanno generato
sempre maggiore partecipazione. La radicalità  risiede nelle relazioni,
si diceva due anni fa. La radicalità  oggi, lo ribadiamo, sta nella
capacità  di tradurre le frustrazioni, l’isolamento e i ricatti che i
precari vivono quotidianamente su un piano nuovo dove la delusione
verso l’in/civiltà  delle imprese si trasformi in complicità  fra i
precari e nel quale si sappia rinnovare il conflitto per fare fronte
allo spiazzamento in cui la precarietà  ci immerge.

La Mayday 007 parla di rivendicazioni

Pensiamo che la tutela del contratto a tempo
indeterminato per chi vive una reale subordinazione siano ancora un
riferimento importante per le rivendicazioni dei precari e delle
precarie, ma siamo convinti che la struttura sociale, caratterizzata da
questa forma di "stabilità ", non possa più riprodursi oggi. La Mayday
rivendica la generalizzazione dei diritti e invoca la continuità  del
reddito come elementi fondamentali per disarmare il ricatto permanente
a cui precari e precarie sono sottoposti/e.
Ma è importante fare almeno una precisazione: il governo del
centro-sinistra è debole e non vuole cogliere le implicazioni di una
diffusione a macchia d’olio della condizione di precarietà . I tavoli
sugli ammortizzatori, sulle pensioni e sui nuovi diritti propongono
un’articolazione complessa di "soluzioni" che si dirigono verso
orizzonti che ci spaventano. La scelta di ammortizzare la precarietà 
anziché pensare a un insieme di misure, diritti, e tutele tali da
rafforzare la posizione dei precari mostra un intendimento preciso: si
vogliono tutelare i processi di precarizzazione – e quindi di profitto
– attraverso i quali le aziende si stanno arricchendo, ammorbidendone
tuttalpiù gli effetti più nefasti. Si vuole curare il sintomo senza
preoccuparsi del male, sperando che il malato se ne dimentichi. La
continuità  del reddito invocata dalle decine di migliaia di
partecipanti alle Mayday Parade di questi anni, può tradursi in
un’opportunità , anziché in una ennesima catena, se consente ai precari
di scegliere, di rifiutare i lavori peggiori, e quindi, implicitamente,
di confliggere per migliorare le proprie condizioni. Ogni altra
proposta definisce una traslazione della precarietà , ma non certo una
diminuzione della sua intensità . Poco importa se siamo precari nella
vita per i ricatti del mercato del lavoro o se lo siamo per i ricatti
combinati di quest’ultimo e di un welfare che ci inchioda al dovere del
lavoro a qualunque costo.

Dal conflitto al reddito passando per i cinque assi della precarietà 

Sappiamo bene anche che la precarietà  parte dal
lavoro per permeare nel sociale ovvero nell’insieme di gesti, relazioni
e scelte che ognuno di noi compie giorno per giorno, per necessità , per
volontà , per sensibilità  o per costrizione. In questo senso i cinque
assi della precarietà  rappresentano perfettamente l’orizzonte a cui
guardare. La casa, oramai diritto proibito non solo per i precari, gli
affetti, la formazione, l’accesso ai saperi e ad una mobilità  libera,
gratuita e compatibile con il nostro ambiente vitale, rimangono campi
di intervento e conflitto fondamentali, che nelle diverse declinazioni
incontrano ed attraversano da sempre la Mayday. Così come le tematiche
dell’antiproibizionismo e dell’autoderminazione sulle quali il governo,
che subisce l’offensiva clericale, si è dimostrato senza il carattere
necessario per mantenere le promesse fatte. L’autoderminazione di sé,
dei propri piaceri/desideri e la giusta pretesa di controllo sul
proprio corpo sono istanze che non accettano inter/mediazione e vanno
rivendicate attraverso la cospirazione dei soggetti.

La Mayday 007 parla di diritti, cittadinanza e nuove civiltà 

Le campagne securitarie, i richiami all’ordine e alla
legalità , la bossi-fini e i CPT costituiscono un perno fondamentale con
cui si ricatta una parte importantissima del tessuto sociale: i
migranti. Il vincolo tra lavoro e diritti di cittadinanza è una
gravissima forma di barbarie e di ingiustizia che umilia ed esaspera le
differenze, rendendo sempre più difficile la tanto millantata
integrazione. I migranti oggi sono l’espressione più evidente di cosa
significa precarietà  di vita, e di come la fame di profitto delle
imprese, bisognose di manodopera, non conosca limiti: il loro diritto
al reddito, alla casa, alla salute, all’istruzione è, per legge, sotto
il controllo delle imprese. E sempre attraverso la richiesta legalità ,
viene loro impedito di emanciparsi da questo giogo, come avviene in
Lombardia per i proprietari del phone center, che dall’oggi al domani
dovrebbero perdere la loro unica fonte di reddito e tornare alle
ricerca di un contratto di lavoro.
La precarietà  non si esprime in maniera omogenea, ma è l’esercizio
premeditato di diverse strategie che colpiscono le molteplici parti del
corpo sociale dividendole e compartimentandole. Il neoliberismo ha
bisogno dello scontro di civiltà . L’unico scontro che ci interessa è
quello che contrappone due intendimenti differenti sul modo per
costruire una società  differente: la strada dei diritti o la via della
legalità . Ognuno scelga ora senza ambiguità , la propria priorità ; quale
dei due termini costituisce la leva principale attraverso la quale
muovere il proprio impegno e determinare le proprie visioni. Per noi
resta chiaro che la legalità  è sempre iniqua e che la conquista dei
diritti sociali passa attraverso l’esercizio del conflitto.
A Milano dove il disagio, la rabbia, l’esclusione crescono di giorno in
giorno assumendo via via forme sempre più incontrollabili,
l’amministrazione contrappone la pretesa che tutto ciò non sporchi o
non occupi i marciapiedi del consumo o le strade dello shopping. Questa
spudorata equiparazione ci è lontana nella maniera più assoluta.
E’ necessario affermare i diritti di cittadinanza, abolire i CPT,
cancellare la Bossi-Fini e tutte le leggi discriminatorie.

La Mayday 007 parla d’Europa

Anche quest’anno la Mayday attraversa le città 
europee perché l’Europa è lo spazio pubblico da costruire come ambito
sociale e conflittuale per superare la condizione precaria. L’Europa
che ci immaginiamo è molto diversa da quella monetaria che l’ipocrisia
del nuovo millennio ha partorito. All’interno di essa vogliamo proporre
una nuova politica di welfare, che fissi criteri sociali uniformi per
nativi e migranti, riduzione delle tipologie contrattuali atipiche,
fissazione di un salario minimo orario che prescinda dalla condizione
lavorativa e garanzia di continuità  di reddito per tutti e tutte.
L’EuroMayDay è oggi uno dei processi costituenti della nuova idea di Europa, radicale, libera sociale e sostenibile.

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Milano, Porta Ticinese – ore 15.00

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