Ri/generazioni precarie: call for 31 marzo

Per uno spezzone metropolitano della ri/generazione precaria

La crisi ha un merito: fa comprendere che il mondo del lavoro e del non lavoro stanno sulla stessa barca, e che rischia di affondare. Operai, migranti, atipiche, partite Iva mono-committenti, studenti, disoccupate, tutte e tutti precari. E la precarietà è allo stesso tempo unificante e frammentata. Unificante perché è il modo attuale dello sfruttamento insito nel rapporto di lavoro, fatto di subalternità e ricattabilità. Frammentata, perché ognuno la percepisce in modo diverso. Come reagire? Le forme sindacali non sono adeguate e le proposte dei partiti politici “amici” (si fa per dire) fanno acqua da ogni parte. La cassaintegrazione è scambismo politico e sperequazione.

Solo un quarto dei licenziati ha diritto alla disoccupazione e solo quattro su dieci sono tutelati dall’articolo 18: ciò se si tiene conto dei Cocopro e delle false partita iva, quindi della realtà. I migranti sono cittadini a tempo determinato vincolati dal cartoncino colorato d’infamia del permesso di soggiorno. Da un fronte così framentato è difficile condurre una battaglia che parli a tutti di una nuova civiltà di diritti. Eppure è necessario e doveroso, e anche possibile.

Serve una prospettiva. Sul debito, è imprescindibile rinegoziare quella parte che si può definire “odiosa” e “illegittima”: noi il debito non lo paghiamo, organizziamo le pratiche del diritto all’insolvenza! Sul lavoro è necessario osare: salario minimo orario, aumenti salariali, riduzione delle tipologie contrattuali (e non un nuovo contratto che rende inagibile l’art 18), un reddito di base incondizionato come sostegno al reddito che sostituisca gli ammortizzatori attuali distorti e iniqui, un welfare del comune per l’accesso libero e gratuito a casa, mobilità, conoscenza, energia, acqua: beni comuni sociali.

Per questo ci piace pensare la partecipazione al corteo di Milano non come semplice messa in rete di r/esistenza precaria. Perchè rivendicare reddito di base incondizionato significa spostare il centro del proprio agire dal diritto al lavoro, al diritto alla scelta del lavoro. E, piaccia o non piaccia, è necessario per cambiare un brutto mondo costruito da brutti lavori necessario poterli rifiutare, meccanismo che sta alla base del conflitto.
Rivendicare accesso a mobilità, saperi, cultura significa affiancare al rifiuto e al conflitto un’idea nuova di socialità e benessere. Chiedere diritto a maternità, istruzione e sanità pubbliche, cittadinanza per migranti significa fondare una idea di futuro sulla solidarietà e universalità. Per noi il corteo del 31 marzo 2012 sarà nel segno della ri/generazione precaria: narrazione della forza della cooperazione, capace di lasciare nella metropoli segni costruttivi di un altro modo di intendere territorio, beni comuni, saperi, relazioni e intelligenze precarie.

Milano, 31 Marzo 2012, ore 14 piazza medaglie d’oro

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