Intervista: Superbarrio Gómez

Un vero supereroe per la gente comune. Superbarrio Gómez è il famosissimo supereroe in carne e ossa che lotta per i diritti dei quartieri e dei cittadini messicani. Maschera da lottatore e mantello rosso, lo scudo SB sul petto, fino al 2000 Superbarrio è apparso dovunque ci fosse un’associazione di cittadini, una lotta in difesa del territorio o contro la speculazione e per il diritto alla casa. Superbarrio è un’invenzione geniale che per più di un decennio ha catalizzato l’attenzione della politica messicana, e ha dato ai cittadini uno strumento dal basso per parlare dei propri problemi.

Sfidando i politici a incontri di wrestling, ha dato visibilità a questioni sociali e ambientali ignorate, obbligando la politica nazionale a occuparsene di più. Con la Asamblea de Barrios di Città del Messico, cioè l’assemblea dei quartieri, Superbarrio ha assunto un ruolo non solo simbolico ma anche organizzativo. È lui stesso a raccontarci la sua storia, per voce di uno dei suoi creatori: Marco Rascón, un giornalista di Città del Messico che ne ha anche spesso vestito i panni.

Chi è Superbarrio Gómez?
Quel giorno ero disperato per il problema del reddito e del lavoro. Nella solitudine della mia stanza entrò una poderosa luce rossa e gialla che mi disse: “tu sei Superbarrio, difensore degli inquilini e dei cittadini poveri. Sarai il fustigatore delle autorità corrotte”. Subito mi resi conto di avere addosso la maschera e il mantello. Uscìi per strada e incontrai una manifestazione della Asamblea de Barrios. Le persone mi accolsero come se mi avessero aspettato per un sacco di tempo. Superbarrio è la volontà popolare di giustizia. È immaginazione. È il cittadino collettivo che esige diritti. Le sue radici culturali sono nei quartieri di Città del Messico. Dimostra che nella nostra città gli eroi popolari non sono fantasie ma esistono.

Quando è nato e perché?
Era il 1987. Il terremoto del 1985 aveva distrutto gran parte della città e nel 1988 la vecchia struttura del potere politico messicano sarebbe entrata in crisi. Bisognava trascendere le forme della politica e in quegli anni stava maturando l’idea di una società civile attiva e protagonista. Le vecchie manifestazioni furono molto scosse dalla mia presenza, che all’inizio molti consideravano uno scherzo. I più ortodossi chiedevano che mi togliessi la maschera e mostrassi il mio volto per rivelare le mie vere intenzioni. Io rispondevo che la maschera si perde solo se si perde nella lotta, sul ring. La cosa strana è che queste critiche erano le stesse che venivano dal governo, che chiedeva “serietà” perché non si era mai confrontato con un eroe mascherato. Ma Superbarrio era appoggiato da migliaia di persone nei quartieri che si sentivano rappresentate da lui. La lotta per la casa si trasformò in lotta per la democrazia e i diritti dei cittadini. La nascita di Superbarrio non fu una mia decisione ma era parte del processo di trasformazione vissuto da Città del Messico e da tutto il Paese tra il 1985 e il 2000.

Dove è apparso Superbarrio?
Il suo grande potere era l’ubiquità. Poteva essere in vari luoghi nello stesso momento, però era una forza concentrata in un’unica figura collettiva nascosta dalla maschera. È intervenuto in decine di sgomberi e sfratti, ha solidarizzato con i campesinos, i lavoratori, gli ecologisti. Ha partecipato all’organizzazione di campagne contro l’Aids e l’omofobia, ha trasmesso con radio pirata e ha costruito con un grande sforzo collettivo migliaia di nuove case accedendo a crediti facilitati e senza la gestione clientelare delle istituzioni. Ha manifestato in gennaio del 1994 davanti alla casa del presidente per chiedere la pace in Chiapas. Superbarrio ha creduto nella solidarietà e ha promosso la democrazia partecipativa e l’organizzazione dal basso.

È molto famoso in Messico?
Tutt’ora gli inquilini dipingono lo scudo e la maschera di Superbarrio sulle case come segno di protezione contro gli abusi dei padroni e le minacce di sfratto. Nei mass media è sempre stato censurato e attaccato. Però lui non ha risposto con odio ma con ironia: ha organizzato incontri di wrestling per strada contro i rappresentanti del potere, lottatori come “El Senador No” o i “Porci del sistema”.

Quali sono state le sue apparizioni più importanti?
Senza dubbio le prime: il match del secolo contro “Catalino Creel”, rappresentante dei proprietari di casa. Il governo sequestrò il ring, facendolo diventare il primo ring prigioniero politico del mondo. Poi il suo ingresso alla prima Assemblea dei Rappresentanti (una specie di congresso cittadino). Superbarrio fu il primo cittadino a chiedere la parola da quando l’assemblea era stata sospesa, nel 1928. L’assedio alla casa presidenziale  con un attacco di aereoplanini di carta e pistole ad acqua contro l’offensiva militare contro l’Esercito zapatista di liberazione nazionale nel 1995. E moltissime azioni quotidiane nel corso di 12 anni di lavoro con la Asamblea de Barrios.

Che rapporto c’è tra Superbarrio e Marcos?
Fin dal 1995 in varie occasioni ci siamo incontrati e scambiati idee e critiche. Sia Superbarrio che il Subcomandante Marcos sono il risultato di due momenti magici per i movimenti insorgenti massicani, nella capitale e nella selva. Il fatto che entrambi abbiano identità misteriose è una coincidenza, e anche noi abbiamo sin dal 1987 orientato il movimento tramite “dichiarazioni”, per esempio la “Prima dichiarazione dei quartieri di Città del Messico”. La maschera è per entrambi uno strumento della collettività che va al di là dei personalismi, creando un’identità che parla per tutti e usa il “noi” invece dell’”io”. Come il Subcomandante, il ruolo di Superbarrio era di rispondere alle decisioni della collettività. Allo stesso tempo, l’ironia, l’iniziativa, l’identità di Superbarrio davano coerenza e coesione alle nostre richieste e ai nostri obbiettivi.

E oggi?
Oggi Superbarrio è più una leggenda che una realtà. L’arrivo della sinistra al governo di Città del Messico è stato fatale: non hanno senso dell’umore e sono principalmente orientati a lottare per il potere, abbandonando l’autorganizzazione e l’indipendenza dei movimenti. Questo ha l’effetto della Criptonite contro una storia e un’identità collettiva come quella di Superbarrio, costruita su tutt’altri presupposti.

Dal Manifesto del 9 aprile 2011

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