Tetto agli stipendi dei managers, il governo non vuole limiti

A ottobre 2009 il Consiglio dei ministri approvò la nuova regolamentazione sulle retribuzioni. Il dietrofront arriva a febbraio 2010. Per il ministro Tremonti era “una norma incostituzionale”
ROMA – Via il tetto agli stipendi dei manager inserito nella Legge Comunitaria al Senato. E’ quanto prevede un emendamento al testo a firma del governo presentato ieri allo scadere del termine per le proposte di modifica in commissione Politiche Ue. La misura amplifica gli effetti di una analoga proposta formulata al testo dalla commissione Finanze.


La vicenda era iniziata a ottobre del 2009 quando il Consiglio dei ministri aveva dato il via libera alla regolamentazione che poneva un tetto agli stipendi dei manager pubblici. Su proposta del ministro per la Pubblica amministrazione e l’innovazione, Renato Brunetta, il governo aveva approvato uno schema di regolamento, concertato con il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che poneva un limite massimo alle retribuzioni per i rapporti di lavoro subordinato o autonomo (compresi i contratti d’opera di natura continuativa, di collaborazione coordinata e continuativa e di collaborazione a progetto) direttamente o indirettamente a carico della finanza pubblica. Le retribuzioni non avrebbero potuto superare il trattamento economico complessivo della carica di Primo presidente della Corte di Cassazione.

Ma la regolamentazione non ha retto. Il dietrofront del governo arriva il 24 febbraio di quest’anno. Un voltafaccia annunciato. In breve tempo il contrasto tra il sentimento popolare e le regole di mercato si è risolto a favore delle seconde. “La questione del tetto è un tema importante ma la norma che è stata votata dal Senato verrà cambiata dal governo – aveva detto il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti – Abbiamo fatto sapere che questa è una norma incostituzionale”.

Il testo è poi arrivato alla Camera dove è stato modificato dalla commissione Finanze. Come previsto dal regolamento di Montecitorio, l’emendamento si intendeva accolto salvo che la commissione per le Politiche Ue non lo avesse respinto per motivi di compatibilità con la normativa comunitaria o per esigenze di coordinamento generale.


da la Repubblica.it