Tendenza no. Dissentire è di moda

(ATTENZIONE! QUESTO ARTICOLO E’ UN ESEMPIO ESTREMO DI DEMENZIALITA’. PROPRIO PER QUESTO E’ DEGNO DI NOTA)

Mentre in Francia si celebra il No Sarkozy Day, ecco la mappa delle negazioni in voga. Dai No Global ai No pants, fino agli estremisti No Life, giovani che rinunciano alla vita reale per quella virtuale

In Francia si protesta contro il primo ministro con il No Sarkozy Day e Libération stila una mappa dei movimenti che partono dal no.
Dire no è la moda del momento. No Life, No Logo, No Kids, No Meat, No Sex, No Shop Day.
Le occasioni per dissentire, nell’epoca del troppo di tutto sono tantissime e di ogni livello. Si parte dai burloni del No Pants Day, gioco globale che stabilisce la giornata mondiale per andarsene in giro in mutande, fino al gruppo d’impegno antinucleare No al Missile 51, che come una bomba intelligente intende contrastare un preciso tipo di arma atomica.

Tra i primi movimenti del no si ricorda il No Future dei punk inglesi. Nato da un verso della canzone God Save The Queen dei Sex Pistols, simboleggiava l’ideologia punk, che considerava la monarchia fascista e l’Inghilterra un paese senza futuro.
Anche i filosofi hanno dato il proprio contributo al fronte del no. Alain (il filosofo Emile-Auguste Chartier) sosteneva che “pensare è dire no”.
Nell’era della maternità esposta e ottenuta anche oltre le possibilità naturali, si afferma il movimento No Kids. L’associazione delle coppie senza figli, fondata a Vancouver nel 1984, e il libro di Corinne Maier “No Kid. Quaranta ragioni per non avere figli” hanno sdoganato le coppie DINK, acronimo di Dual Income No Kids (due stipendi e niente bambini). L’autrice del libro incoraggia a “Restare disuniti, scettici e se possibile senza discendenza”. Già, peccato che lei stessa abbia due figli.
Simbolo della cultura No Global è il libro No Logo della giornalista canadese Naomi Klein. Dal 2000 un vero e proprio testo sacro del movimento, nato dopo il summit dell’Organizzazione mondiale del commercio a Seattle nel 1999. L’attivista canadese svela i comportamenti inconfessabili dei grandi marchi per affermarsi sul mercato. L’opera, divenuta un best seller, si inserisce nel più ampio movimento No Pub (no alla pubblicità). La pubblicità, giudicata menzognera ed aggressiva, è considerata come una forma di inquinamento mentale.

Si può dire no a tutto. Persino al sesso. Secondo l’inchiesta sulla sessualità in Francia riportata dal quotidiano, sono più spesso gli uomini, tra i 18 e i 35 anni, ad essere sessualmente inattivi, mentre il 40% delle persone che vivono sole dichiarano di non avere una vita sessuale e di non volerla neppure avere. Nasce così la rivoluzione asessuale. La rivendicazione dell’astinenza sessuale va dalla rinuncia prima del matrimonio (come fece a suo tempo Britney Spears) alla rinuncia che è una reazione a un modello di eccessiva libertà sessuale ereditata dai genitori. “Resistendo passivamente al sesso, si discute il dogma della presunta normalità sessuale e la logica capitalistica dell’economia libidinosa” spiega un esponente del movimento. E, improvvisamente, non battere un chiodo diventa trendy.
Sul fronte ecologista si battono i No Meat. Ossia coloro che vorrebbero vietare il consumo della carne o almeno limitarlo. Le motivazioni sono sia di tipo animalistico (contro “l’assassinio degli animali a scopo alimentare”) che ambientali. Il consumo di carne, infatti, ha costi altissimi in termini di inquinamento. Meno carne meno inquinamento è il principio del movimento, che tenta di imporre una giornata senza carne a settimana. In Belgio, a Gand, ciò accade ogni giovedì dall’anno scorso. Ma l’ora della giornata senza carne in europa sembra ancora lontana, malgrado l’impegno di Paul McCartney.
In Italia, dopo il successo della Seconda Giornata Internazionale per l’abolizione della carne del 31 gennaio 2010, il Coordinamento Italiano per l’Abolizione della Carne promuove un’altra giornata di mobilitazione il 18 aprile.
Ma a forza di negare, si arriva al no totale. “Un giovane, nella sua stanza, è chino sul suo computer. È sceso in cucina solo per prendere una tazza di cereali. Non risponde al telefono, né quando gli bussano alla porta. Non è disponibile per nessuno. Non viene a tavola quando è pronto, non si fa la doccia. Resta attaccato allo schermo tutto il giorno. Senza aprire le finestre, senza accendere la luce. Gli basta la luminosità dello schermo. Attorno a lui un mucchio di spazzatura: lattine vuote, bucce di banana. È un No Life”
Si tratta di adolescenti che decidono di avere rapporti solo ‘virtuali’ attraverso Internet, fino a diventare patologici. In Giappone, il fenomeno si chiama “hikikomori”, letteralmente “stare in disparte, isolarsi”. Il termine indica gli adolescenti e i giovani che rigettano la vita pubblica e tendono ad evitare qualsiasi coinvolgimento sociale.
Secondo una stima del Ministero della sanità giapponese, si legge su wikipedia, il 20% degli adolescenti maschi giapponesi sarebbero hikikomori. Praticamente non suicidi.

la repubblica.it di Anna Lupini

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