San Precario vota No a Mirafiori

Oggi e domani si vota sull’accordo-capestro di Mirafiori. E’ stata imposta una scelta che non ha nulla di democratico. Un referendum è tale quando consente una libera scelta tra due opzioni, senza che ciò vada a incidere sulle condizioni di esistenza dei partecipanti al referendum. Non è questo il caso di Mirafiori. Qualunque sia l’esito, infatti, tutti i lavoratori ci perdono: o in termini di diritti e condizioni di vita e salute o in termini di lavoro e reddito.

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Ma la cgil ci è o ci fa?

Piccola premessa. Questo è l’ennesimo scritto di Pietro Ancona che 0spitiamo. Le sue osservazioni ci sembrano molto pregnanti e spiegano con chiarezza le relazioni che intercorrono fra il maggiore (e peggiore) partito di opposizione, il Pd, e il maggiore sindacato italiano, la Cgil. Con altettanta chiarezza sono esplicitati i rapporti (di forza) fra quest’ultima e la Fiom. Bisogna discernere per capire ed è necessario comprendere per scegliere. Noi abbiamo scelto un punto di vista “precario” (certo, siamo precari/e…) e pensiamo che se non si crea conflitto nei luoghi (e nelle generazioni) ove la precarietà è nata e si è diffusa ogni risposta sarà parziale e farà il gioco di questa o quell’altra organizzazione. Altro che interesse generale!  Un conflitto nuovo, radicale, giovane ed incisivo è cosa buona, giusta, ma soprattutto possibile. Ciò che accade nella metropoli milanese lo dimostra…

IL PATRIOTTISMO DI MENO DIRITTI E BASSI SALARI.
di Pietro Ancona, ex sindacalista cgil

Si lascia fare a governo e padronato tutto quello che vogliono. Senza reagire nei tempi e nei modi che renderebbero utile e produttiva l’azione. Sembra che i sindacati italiani, come diceva qualcuno in tv, siano prigionieri degli interessi imprenditoriali e debbano fare necessariamente cose che ne consentano la realizzazione degli obiettivi.

La classe operaia é viva ma non conta niente!

(di Pietro Ancona) Il 16 ottobre la classe operaia italiana ha dato vita ad una delle più grandi manifestazioni
degli ultimi anni paragonabile soltanto a quella organizzata dalla CGIL di Cofferati in difesa dell’art.18 durante il governo D’Alema nel 2002. Lavoro, diritti e democrazia sono state al centro della mobilitazione suscitata dagli attacchi anche sul piano morale che la destra al governo e la Confindustria hanno portato alla condizione salariale e giuridica dei lavoratori. Il retroterra della manifestazione è stato costituito da centinaia e centinaia di scioperi ed agitazioni legate ai licenziamenti nella scuola e nelle industria. I lavoratori sono stati tacciati dai lividi ministri del governo Berlusconi come “fannulloni” e la stessa signora Marcegaglia si è unita ai latrati ingiuriando a suo volta, assieme a Marchionne ed altri illustri capitani d’industria, i lavoratori. Esemplare al riguardo la reazione di Marchionne deluso dai risultati del referendum di Pomigliano che avrebbe voluto plebiscitari. Non si aspettava che difronte al suo ricatto il quaranta per cento delle maestranze avrebbe risposto di no e si è lasciato andare a violenze verbali contro gli irresponsabili che non capiscono la grande modernità delle sue idee!
La “piazza” del 16 ottobre ha chiesto a gran voce lo sciopero generale. La risposta di Epifani è stata reticente e scoraggiante: lo sciopero si farà se le risposte del governo saranno insufficienti! Non si capisce di quale risposte parli dal momento che non esistono richieste della CGIL tranne quella di una manciata di spiccioli e di una tantum per il fisco.
In ogni caso non sarà la scelta dello sciopero generale in sè che deciderà. Altri tre scioperi generali sono stati indetti e realizzati dalla CGIL durante gli ultimi due anni con richieste
insignificanti al governo e nessuna al padronato italiano! Bisognerebbe che la CGIL decidesse di affrontare alcune fondamentali questioni con rivendicazioni precise. Abrogazione della legge Biagi, abrogazione delle leggi sulle pensioni a cominciare dalla legge Dini, restituzione alla scuola degli otto miliardi sottratti dalla Gelmini, aumento generalizzato dei salari, istituzione del Salario Minimo Garantito. Ma la CGIL se farà uno sciopero generale si limiterà a chiedere assieme alla Confindustria una politica economica più adatta a fronteggiare la crisi e la riforma fiscale.
Tre giorni dopo il 16 ottobre una pesantissima randellata è stata data dal Parlamento ai lavoratori con il varo definitivo, dopo due anni di incubazione, del collegato lavoro. Una legge che introduce l’arbitrato e riduce i poteri del giudice in caso di licenziamento.Il giudice dovrà tenere conto di una serie di cose che non hanno niente a che fare con la giusta causa e che praticamente lo guidano a riconoscere le ragioni del datore di lavoro! Dalla giusta causa dei lavoratori alla giusta causa dei padroni! Basta leggere la legge approvata per rendersi conto dell’odio di classe verso i lavoratori che la impregna dalla primo all’ultimo capoverso. Sarà difficile per quello che il giuslavorismo riconosceva come la parte debole far valere i suoi diritti e dovrà avere una assistenza legale che pochissimi si possono permettere. Basti pensare a quanto costerà la semplice redazione di un ricorso
contro un licenziamento da depositare in Tribunale. Il collegato lavoro dà al governo una serie di deleghe che saranno usate contro gli impiegati pubblici ed il “riordino” degli enti previdenziali. Non dubito che si va verso la privatizzazione di Inps ed Inail enti che da tempo fanno gola alla imprenditoria italiana per le riserve finanziarie consistenti di cui dispongono.
Questa terribile mazzata che spezza per sempre le reni dei lavoratori, (non dubito che se il centro-sinistra vincerà le elezioni confermerà tutto come ha fatto in passato di tutte le leggi dei governi di destra), è stata possibile per l’atteggiamento di vera e propria complicità della CGIL e del PD. La CGIL durante i due anni di incubazione del provvedimento si è limitata a qualche flebile lamento “dopo” l’approvazione nei vari passaggi camera-senato. Ha ritrovato voce dopo il blocco del Capo dello Stato e poi ha organizzato di malavoglia un paio di sitin davanti al Parlamento.
Il PD è stato molto collaborativo. In due giorni la Camera dei Deputati ha approvato tutto certo con il voto contrario del PD ma si tratta di una opposizione del tutto formale e dovuta che non ha neppure cercato di ritardare il varo del micidiale provvedimento.
Questo è stato “l’ascolto” di Bersani che promette barricate contro la legge scudo di Berlusconi.
La “sinistra” strilla per le difficoltà che la Rai frappone agli emolumenti richiesti da Saviano Benigni ed altri. Trattasi di centinaia di migliaia di euro, cifre che sarebbero giustificate dagli incassi della pubblicità ma che suonano mostruose alle orecchie di chi guadagna meno di mille euro al mese e si tratta di milioni e milioni di famiglie.
La CGIL e neppure la Fiom non potranno fare più niente contro il collegato lavoro tranne che ricorrere alla Corte Costituzionale. Ci dovevano pensare prima e organizzare una lotta adeguata. La Corte è sotto assedio da anni e non riesce più a difendere la Costituzione da un assalto sempre più violento e travolgente.
Nei periodi di crisi si possono cedere quote di salario ma non si debbono mai cedere diritti. La cessione di diritti indebolisce le classi lavoratrici moralmente e crea una situazione sociale di squilibrio non solo economico ma anche di cittadinanza. I cittadini operai conteranno molto meno e non potranno far valere le loro ragioni. Non saranno più eguali a tutti gli altri. Se un giudice volesse intervenire in loro soccorso, la legge glielo impedisce! Non si è esitato a limitare i poteri della magistratura del lavoro.
Se questo è quanto ci portiamo a casa dopo il 16 ottobre c’è davvero da disperare sul futuro a cominciare dai prossimi giorni!
Avevo scritto nei giorni scorsi, dopo la grande manifestazione del 16, che la classe operaia é via. E’ vero, ma non conta proprio niente!

Il minimalismo della CGIL

L’alleato migliore della Marcegaglia e di Marchionne è il PD il quale è diventato partito di governo tout court a prescindere dai contenuti della sua azione e dal programma che può variare a seconda delle fasce elettorali da adescare. Da molto tempo il PD si è convinto che l’Italia è di destra, che le idee del socialismo o soltanto della sinistra sono in minoranza, che bisogna conquistare il blocco sociale che oggi vota per il centro-destra. Il fatto che in Italia ci siano venti milioni di lavoratori con grandi problemi di vita e financo di sopravvivenza non lo commuove, non lo interessa. Gli interessano Marchionne e la Confindustria, Montezemolo, Colannino, Merloni. Per questo il suo staff che si occupa di questioni sociali e di lavoro è fatto di persone come Ichino,Treu, Letta che traducono in linguaggio giuridico, in leggi o altro, i desiderata dell’imprenditoria italiana.
Il PD ha un peso enorme dentro la CGIL e sulla CGIL. I quadri dirigenti, i “funzionari” a tempo pieno che dirigono le categorie e di otto anni in otto anni trasferendosi da l’una all’altra sono sempre al loro posto  e costituiscono la struttura permanente della CGIL una volta facevano riferimento alle correnti comunista e socialista. Ora fanno riferimento soltanto al PD e si dividono soltanto per una maggioranza bulgara che fa capo ad Epifani ed una minoranza di circa il venti per cento che è un pochino più di “sinistra”.
Il peso di questo “apparato” sulla CGIL è enorme. I cinque e più milioni di lavoratori che
sono iscritti al Sindacato non hanno in realtà una grande voce in capitolo. Il potere dello apparato “a tempo pieno” riesce ad influenzare i Comitati Direttivi delle categorie che difficilmente si esprimono  difformemente nel dibattito interno.
Questa CGIL, negli ultimi due anni, ha realizzato tre scioperi generali tutti e tre dedicati al fisco. Una scelta che ha voluto escludere deliberatamente il padronato dalla  scandalosa questione salariale italiana e che si proponeva un piccolo recupero di una manciata di spiccioli dallo Stato. Non ha avuto alcun riscontro nel Governo che non ha concesso niente. I rapporti con Cisl ed UIL non sono stati buoni perchè la CGIL, condizionata da una base militante colta, consapevole e combattiva, non avrebbe potuto firmare la riforma del contratto e concordare l’allegato lavoro. Ma, sebbene non abbia condiviso le scelte di Cisl ed Uil non si è opposta ed ha consentito che i contenuti filtrassero attraverso le categorie
ed ha lasciato fare in Parlamento senza protestare che a cose fatte. Con l’accordo Alitalia ha passato il Rubicone ed ha consentito il dilagare di deregolation e nuove norme che sono giunte fino a Pomigliano ed ora invadono  tutto l’apparato industriale italiano.
Domani il Segretario Generale della CGIL che non ha mai nascosto il suo malumore per l’irrequietezza della Fiom ed il mancato accordo di Pomigliano concluderà il comizio di quella che si preannunzia come la più grande e vibrante manifestazione degli ultimi dieci anni.
Il comizio non potrà che confermare la politica della CGIL. La CGIL non chiederà la restituzione degli otto miliardi sottratti alla scuola ed impiegati nel finanziamento delle missioni militari, non chiederà l’abrogazione della legge Biagi, non chiederà  il rispetto dei ccnl ed il blocco delle deroghe, non chiederà di rivedere il sistema pensionistico praticamente ridotto ad  elemosine, non chiederà l’istituzione del Salario Minimo Garantito Europeo per combattere le aree di schiavismo.  Non chiederà un sostanzioso miglioramento dei salari. Si limiterà a chiedere una  generica politica industriale, miglioramento degli ammortizzatori sociali, qualche  euro di sconto fiscale  e, dal momento che Bersani ha accennato recentemente ai ricchi che non pagano le tasse, dirà qualcosa sulle rendite finanziarie.
Insomma  la enorme spinta che verrà dai lavoratori  verrà neutralizzata da un minimalismo al disotto delle necessità e delle istanze già avanzate in centinaia e centinaia di agitazioni e manifestazioni alle quali però non è stato consentito un punto di unificazione. Mentre la Francia dà vita a scioperi generali ben motivati da richieste precise come la scuola e le pensioni, in Italia le richieste resteranno generiche e minimalistiche.  
E’ possibile che a fronte della secchiata di acqua gelata che sarà gettata sui cortei piuttosto che ricavarne forza e voglia di combattere, il movimento si frantumerà in tante lotte locali disperate e senza alcuna speranza. Fino ad oggi c’è la speranza del 16 ottobre. Domani  il 16 ottobre sarà già alle nostre spalle.
Il minimalismo della CGIL non è riformismo. Il riformismo di Giuseppe Di Vittorio Fernando Santi Vittorio Foa era basato sui diritti. Magari un salario non molto alto ma diritti garantiti ai lavoratori a tutela della loro dignità e del loro benessere di cittadini.
Oggi la lotta si accanisce non solo sui salari che si vorrebbero ancora abbassare ma sopratutto sui diritti, sullo Statuto dei Diritti dei Lavoratori, sulla natura del ccnl, sul diritto alla salute, allo sciopero, alla pensione, alla sanità, alla scuola.  Ichino sostiene che lo sciopero va abolito e con esso anche il sussidio di disoccupazione che “impoltronisce” l’operaio! Il PD non lo smentisce
e chiede alla CGIL di essere patriottica, di aiutare l’economia italiana a ripartire caricandone il peso soltanto sui lavoratori.
Questa è  una delle più vistose anomalie italiane: sindacati che non danno niente ai lavoratori ma tolgono. Una sottrazione che dura dal 1992.
Pietro Ancona
già sindacalista CGIL,
già membro del CNEL

Federmeccanica: disdetto contratto 2008

Repubblica.it – 7 settembre 2010

MILANO – Il direttivo di Federmeccanica ha dato mandato al presidente Pierluigi Ceccardi di comunicare fin d’ora il recesso dal contratto nazionale siglato il 20 gennaio 2008 e valido fino al 2012. Lo stesso Ceccardi ha spiegato che la decisione di considerare già spirato il contratto è avvenuta “a fronte delle minacciate azioni giudiziarie della Fiom relative all’applicazione di tale accordo” ed è comunicata “in via meramente tecnica e cautelativa allo scopo di garantire la migliore tutela delle aziende”. La disdetta avviene a far data dal primo gennaio 2012. Per Landini, segretario generale della Fiom, è una “decisione politica grave, irresponsabile e illegittima”.

L’invito Fiom: “Non si ceda a diktat Fiat”. Proprio la Fiom, attraverso il segretario generale Maurizio Landini, aveva invitato nelle ultime ore Federmeccanica a non accettare quello che viene visto come un “diktat” di Fiat, perché “meccanismi di confronto sotto diktat alla lunga non aiutano neanche le imprese”. In sostanza, la Fiom aveva invitato gli industriali della meccanica a non cedere alle pressioni di Marchionne, che senza deroghe al contratto del 2008 aveva paventato l’uscita di Fiat da Federmeccanica. “I problemi che la crisi pone si possono affrontare anche discutendo di investimenti e di maggiore utilizzo degli impianti. Senza bisogno di deroghe ma applicando il contratto nazionale e le regole che ci sono” aveva concluso Landini.

“Nessun



diktat, tutelare aziende”. “Fiat non ha spinto per niente – è la replica di Ceccardi -, l’accelerazione che abbiamo imposto oggi è per tutelare le esigenze delle aziende metalmeccaniche e di un milione di lavoratori che dipendono da esse”.

“Relazioni industriali da adeguare”. Il presidente di Federmeccanica ha poi spiegato che “il consiglio direttivo ha preso in esame l’evoluzione dei rapporti sindacali nel settore dopo il rinnovo del contratto nazionale del 15 ottobre 2009 e la vicenda relativa allo stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco”. “Il convincimento unanime è la necessità di proseguire con determinazione nell’adeguamento delle relazioni industriali, sindacali e contrattuali alla domanda di maggior affidabilità e flessibilità che proviene dalle imprese per consentire loro una migliore tenuta rispetto all’urto della competizione globale”.

“Cgil partecipi a cambio delle regole”. “E’  urgente – prosegue Ceccardi – una regolamentazione condivisa del sistema di rappresentanza, sulla cui necessità esiste generale consenso e disponibilità dichiarata dalle parti”. Tale regolamentazione, ricorda il presidente di federmeccanica, è prevista dall’accordo interconfederale del 15 aprile 2009, non sottoscritto dalla Cgil. Alla domanda se l’auspicio è che anche l’organizzazione guidata da Guglielmo Epifani possa sedersi al tavolo, Ceccardi ha replicato: “Assolutamente sì, l’auspicio è che le confederazioni attivino al più presto un tavolo per regolamentare la materia per via pattizia”.

Landini: “Strappo alla democrazia”. Appresa la decisione di Federmeccanica, Maurizio Landini esprime un giudizio durissimo: “E’ una decisione politica grave, irresponsabile e illegittima. Il contratto del 2008 è in vigore fino alla fine del 2011 e ha una sua ultrattività qualora venga presentata una piattaforma per il suo rinnovo”. Si tratta secondo il leader della Fiom di “uno strappo alle regole democratiche grave perché si impedisce ai lavoratori di decidere sul loro contratto e si sceglie di trattare con i sindacati che non hanno alcun mandato in questa direzione e in ogni caso rappresentano la minoranza dei dipendenti metalmeccanici”.

Fiom: “Noi non ci saremo”. Quanto all’incontro del 15 settembre, in cui Federmeccanica e sindacati si confronteranno sulle possibili deroghe al contratto nazionale dei metalmeccanici, Landini spiega che “la Fiom non parteciperà a tavoli che cancellano il contratto nazionale. Non partecipiamo perché non sono trattative ma semplicemente dettature della Fiat”.

“Importante manifestazione del 16 ottobre”. Domani, al comitato centrale della Fiom “decideremo  tutte le iniziative necessarie- conclude Landini -. E più importante ancora è la manifestazione del 16 ottobre per la difesa dei diritti del contratto e della democrazia del nostro Paese”.