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dal Corriere della Sera – 14/06/07 –
Caro Direttore, dalla scadenza del contratto dei giornalisti sono passati 837 giorni, e non pochi altri ne passeranno, se gli editori continueranno a rifiutarsi di sedere al tavolo. Ma i problemi non vengono mai da soli; e così ci tocca pure la bacchettata che ci rifila il professor Ichino, dalla prima pagina del Corriere
Sbagliano i sindacati, dunque sbaglia anche la Federazione della Stampa, quando parlano di un «diritto dei lavoratori al contratto». Questo diritto «non esiste proprio, ed è bene che non esista», argomenta l’editoriale, perché «se accordarsi fosse obbligatorio, avremmo un regime di cogestione». Non abbiamo certo le competenze del professor Ichino in materia di diritto del lavoro. Però non sono soltanto i sindacati a pensarla diversamente da lui. Ricordiamo le parole pronunciate in questi mesi dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha sottolineato ripetutamente «il diritto primario dei giornalisti ad un contratto di lavoro regolarmente rinnovato». Concetti simili hanno espresso i Presidenti del Senato e della Camera. Nelle loro affermazioni abbiamo colto un riconoscimento del valore del lavoro – giornalistico e no – che poco traspare dalle tesi di Ichino.
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dal Corriere della Sera – 13 giungo 2007-
editoriale:
Relazioni industriali, il sistema non funziona più IL CONTRATTO IMPOSSIBILE
di PIETRO ICHINO
Che cosa sta accadendo al nostro sistema di relazioni sindacali? Da anni ormai i contratti collettivi nazionali di lavoro per la maggior parte si rinnovano con gravi difficoltà e in pesante ritardo o non si riescono a rinnovare affatto. Il più noto è quello dei giornalisti, che è scaduto da due anni e per il quale sono risultate inutili 15 giornate di sciopero; ma parliamo anche di quasi tutti i contratti del trasporto pubblico (i cui scioperi, con immancabile cadenza mensile, gravano pesantemente sull’intera economia del Paese), del settore statale e di numerose grandi categorie industriali e del terziario.
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Il giorno prima e nei giorni successivi ha piovuto, ma il primo maggio
San Precario ha spazzato le nuvole lasciando che il sole illuminasse la Milano
precaria.
La costruzione della MayDay007 viene da lontano, cresce nelle lotte
dei precari e dei precarizzati che hanno agitato la metropoli e si
rappresenterà nella composizione del corteo. Qualcosa sta cambiando:
si muovono nuove energie, si coagulano relazioni, aumenta la
partecipazione attiva, le assemblee si riempiono. I sentimenti e le
idee dei precari e delle precarie trovano linguaggi comuni. Si chiede
al movimento di investire in questa direzione, si chiede al movimento
di rendersi invisibile. Però a latere di ogni assemblea si percepisce
in modo sempre più rumoroso il timore che questa trasformazione non
trovi un risultato tangibile nella partecipazione di piazza e
nell’arena politica.
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3 maggio – Liberazione
In piazza i lavoratori in lotta e molti migranti
MayDay, atto 7: 60mila a Milano San Precario a suon di musica
di Francesco Purpura
Per la settima volta consecutiva la mayday parade milanese sfila per le vie della città portando in piazza decine di migliaia di precari. Cinquanta, sessantamila giovani (e non) hanno riempito le strade di Milano nel pomeriggio del Primo Maggio in una manifestazione se possibile ancor più riuscita, partecipata e colorata delle precedenti.
In contemporanea con oltre venti città europee, come ormai da tre anni a questa parte e in rete con le iniziative di Napoli, Palermo e L’Aquila, quasi trenta camion hanno scandito i suoni, le rivendicazioni e le vertenze dei precari milanesi che non si riconoscono nelle politiche concertative di Cgil Cisl e Uil. C’erano i lavoratori della Wind di Sesto S. Giovanni, da mesi in lotta contro i processi di esternalizzazione che minano i posti di lavoro,supportati dai "cospiratori precari" di Genova del centro sociale Terra di Nessuno, gli ormai veterani "precari dello spettacolo", come sempre in cooperazione con il Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa, il "coordinamento degli operatori sociali" che insieme al centro sociale Pacì Paciana di Bergamo animavano un carro rosa shocking, i neo-ccupanti dell’Asso, il collettivo di studenti universitari che ha dato vita pochi giorni fa ad uno studentato autogestito impossessandosi della storica sede del Pci/Pds/Ds di Via Volturno, un camion enorme della "città di sotto", nodo sociale della costituente Sinistra Europea che appoggiandosi al Leoncavallo ha visto la partecipazione di delegazioni da diverse città italiane e tanti altri ancora.
C’erano ovviamente anche i sindacati di base, a cominciare dalla sempre più visibile Cub, che ha riempito di bandiere tutto il percorso e che, forte del suo ruolo di co-fondatore dell’iniziativa, ha colonizzato la piazza d’arrivo della manifestazione, presenti così come le delegazioni del Sindacato Intercategoriale dei Lavoratori, con una partecipazione significativa di migranti, gestori e operatori dei phone-center che la recente legge 6 del governatore Formigoni costringe di fatto a chiudere e che quindi ricordavano come "ci hanno fatto diventare precari per legge". E poi tantissimi piccoli gruppi, micropresenze da ogni dove a confermare, se non nei numeri sicuramente nell’estensione territoriale e nella diversità di provenienza, l’ormai consolidato superamento della mayday sul sempre più fiacco e incolore primo maggio sindacale. «E’ un fatto incontestabile -ha dichiarato Piergiorgio Tiboni, – che si è trattato della più importante manifestazione per il Primo Maggio che si è tenuta in Italia.
La mobilitazione di tante persone, tra cui la novità di quest’anno è la partecipazione di migliaia di studenti delle superiori e delle università – continua Tiboni – dà la misura dei bisogni e della partecipazione alle lotte per una profonda modifica della politica economica e contro il lavoro precario». Mayday, atto settimo quindi. Sette anni intensi, di crescita, in cui, come recita il sito di Chainworkers che in questi anni ha tessuto la trama e le fila di quest’esperienza, si è passati dalla "sorpresa" di un nuovo soggetto che affermava la sua esistenza nel 2001 e 2002 al dichiarare poi la condizione sociale (e non solo lavorativa quindi) della condizione di precarietà nel 2003. E’ seguita l’invasione dei cinquantamila del 2004, primo anno di moltiplicazione delle parade precarie nelle città europee e di comparsa sulla scena di quel San Precario che negli anni a venire diverrà vera e propria icona no-copy degli attivisti maydayani lungo tutto lo stivale. Proseguono il percorso storico-politico gli Imbattibili, i supereroici modi in cui nel 2005 vengono comunicate e rappresentate le diverse forme di resistere alla precarietà per arrivare infine all’anno scorso in cui, provocatoriamente, si afferma che se è l’intera vita dei precari ad esser messa in gioco allora la lotteria in cui s’è inseriti (e che viene resa parodia) è il meccanismo da inceppare per non sentirsi dire sempre e comunque "ritenta, sarai più fortunato".
Quest’anno, con la collaborazione anche di Liberazione, i richiestissimi "Tarocchi precari" hanno mostrato a tutti le due facce possibili delle mille diverse condizioni precarie: sfruttamento e mancanza di diritti da un lato ma cospirazione, iniziativa e rete solidale dall’altro. E i manifestanti di Milano hanno già detto chiaramente da che parte si collocano.
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