MayDay 2009: un fiume in piena

Quest’anno la Mayday di Milano ha esondato come un fiume in piena. E’
diventata, per la prima volta nei suoi nove anni di età, una vera festa
di popolo. Non c’è altro modo per raccontarla: la Mayday è il primo
maggio dell’Italia del secondo millennio.

E’ un’arca di Noè che contiene
il corpo vivo del lavoro precario. Porta in strada decine e decine di
migliaia di persone giovani e incazzate. Ne fa esplodere la rabbia e la
gioia, e copre, per una volta, la faccia oscura di una metropoli triste,
votata solo al profitto.
E’ un giorno potente, di festa, che raccoglie un impegno continuo
e costante sviluppato durante un intero anno di
cospirazione e agitazione, analisi e lotte. Nel 2001 era un’idea: centri
sociali e sindacati di base sono scesi in piazza il primo maggio per
parlare di precarietà (questa sconosciuta) e trasformazioni del lavoro.
Oggi, e vedremo l’anno prossimo cosa sarà la sua decima edizione, le
piccole categorie della politica di movimento sono sommerse da un mare di
persone vive, di precari e precarie, migranti, studenti. Sono assordate e
sovrastate da una folla voci, grida, canti, musica, slogan, manifesti,
volantini, sound system. Centomila persone.
Una cosa che riempie il cuore.

“Aspiranti veline offresi per posto fisso in parlamento. No contratti
co.co.de”, lo leggiamo su uno striscione appeso al primo piano su un
balcone di Via Torino. Anche quest’anno San Precario ci ha donato una
giornata di sole, calda e luminosa. L’ideale per i carri a pedali dello
spezzone no-oil che apre la parade, con la musica alimentata da pannelli
solari, a indicare la necessità e la possibilità di un futuro di sviluppo
diverso. Con loro, la creatività di Serpica Naro, la stilista precaria
ribelle e open source sfila vestita di rosa. Dietro, arrivano i camion
alimenti dal vecchio gasolio: i migranti, i ragazzi di Rho con la loro
mega-piovra che indica le tentacolari politiche di speculazione che Moratti
& co. cercano di preparare per l’Expo 2015. Poi, lavoratori, lavoratori,
lavoratori.

San Precario guida il carro dell’Intelligence precaria e dei collettivi dei
call center, degli operatori sociali, degli autorganizzati della scala. E
poi gli Universi precari dei lavoratori della conoscenza della conoscenza
(ricercatori, redattori, giornalisti free lance e precari) e gli studenti
dell’Onda, accompagnati dalla ministra Anna Adamolo. Segue il monumento
brianzolo a trazione sonora: un carro che racconta un’anno di azione e
opposizione nella provincia di Monza, tutta fatta di veline, vetrine e
precarietà. I’m homeless, I’m precario, non sono solo slogan ma anche le
azioni con cui il Foa Boccaccio presidia il proprio territorio, rispondendo
colpo su colpo all’amministrazione monzese che a suon di propaganda cerca
di convincere i giovani a schierarsi fra le fila inebetite degli
sfigati&precari&contenti.

Tra il mare di persone si diffonde il nuovo numero di City of Gods, il free
press fatto da giornalisti precari, free lance, attivisti dei gruppi di
lavoratori. Il nostro City racconta le nostre storie, le nostre vite,
sovverte i linguaggi della politica tradizionale. E’ l’opposto del
volantino politico: è pop (pure troppo, direte), è colorato e allegro,
prende per il culo i professionisti della pubblicità e del marketing
politico. Però è pieno di contenuti, è un giornale vero. In copertina,
il poster della Mayday e il titolo: Rotta verso il futuro!

E la nave che fa rotta verso il futuro non è quella che rischia di
affondare, quella del neoliberismo, della finanza che detta legge su tutto
il mondo. Ma nemmeno quella della sinistra ormai esplosa in mille schegge
identitarie, a discutere di falcemartello mentre il mondo gli sfugge da
sotto i piedi. La nostra è l’arca di un’alleanza fra generazioni diverse,
fra precari e migranti, fra i sempre meno garantiti e chi le garanzie non
le ha mai viste. I suoi linguaggi sono nuovi, la sua estetica anche. Per
fortuna non soffriamo dell’agorafobia di chi davanti a uno spaccato così
ampio di società giovane si ritrae con la puzza al naso, rinchiudendosi
nelle piccole comodità della propria identità.
Per noi è da questa gente, in questa gente, dalle contraddizioni che
vive tutti i giorni e dalla sua energia che possono nascere nuove idee e quei
soggetti capaci di opporsi all’attacco formidabile condotto da questo governo e dalle
imprese contro il contratto nazionale, la sicurezza sui posti di lavoro, il
diritto allo sciopero, la scuola e la sanità pubbliche.

Ma il dato su cui poggia questa santa alleanza sta proprio nella giovinezza
di chi anima la Mayday. E’ una garanzia del fatto che a loro, a noi, non si
potranno presentare soluzioni che non siano veramente all’altezza dei
tempi. Siamo consapevoli che il lavoro e lo sfruttamento hanno forme troppo
diverse da quelle del novecento. Sul poster della Mayday sono indicati i
cardini della nostra evoluzione: reddito, diritti nel lavoro e oltre il
lavoro, liberi saperi e conflitto. La loro crisi è iniziata l’anno
passato, la nostra da dieci anni e più. E’ ora che le imprese paghino
entrambi i conti. Tremonti la pensa diversamente: la sua risposta alla
crisi della globalizzazione è letteralmente Dio, Patria
e Famiglia, come ha scritto nel suo libro: un ritorno a un passato buio, di
identità rigide e odio, un passato ingiusto e anche palloso. Gli sgherri
leghisti e fascisti al governo stanno declinando questa formula nel modo
più feroce possibile.

Eppure noi sentiamo davvero il bisogno di fare rotta verso il futuro,
insieme a questa gente che ha riempito le strade in una giornata di festa.
Anche se la stampa non si è accorta del fatto che a Milano, come accade da
anni, è sfilata la manifestazione del primo maggio più grande d’Europa,
che esprime contenuti precisi e trascina con sè un’enorme carica vitale.
Chi dice che la Mayday non è politica ma solo una festa, non si rende che
esprimere gioia, così come rabbia, significa rompere quel meccanismo vizioso
che vuole raccontare la precarietà solo dal punto di vista della sfiga.
Non si gioisce della sfiga, ma della consapevolezza di potersi opporre ad essa.

Il percorso della Mayday 2009 a Milano è passato per un countdown pieno diazioni e proseguito il 23 maggio con la manifestazione nazionale dei migranti. A fine mese, il 30 e il 31 maggio all’Auditorium del Liceo Carducci (MM1 e
MM2- Loreto) l’urlo di liberazione della MayDay troverà una prima risposta
nel convegno nazionale sul welfare metropolitano , organizzato
dall’Associazione San Precario in collaborazione con Associazione BioS e
Associazione Bin-Italia. A inizio giugno con un momento di confronto sulla violenza di genere,
che abbiamo visto all’opera purtroppo anche durante la Mayday. Dal 18 giugno ci sarà l’Hackmeeting a Milano (preceduto da 10 giorni di warm up), l’incontro degli hacker
italiani che si dedicano a mettere in pratica la riappropriazione e la
liberazione dei saperi. Infine, a luglio, arriveranno gli Stati generali
della precarietà…
Stay tuned.

May day! May day!

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