Il minimalismo della CGIL

L’alleato migliore della Marcegaglia e di Marchionne è il PD il quale è diventato partito di governo tout court a prescindere dai contenuti della sua azione e dal programma che può variare a seconda delle fasce elettorali da adescare. Da molto tempo il PD si è convinto che l’Italia è di destra, che le idee del socialismo o soltanto della sinistra sono in minoranza, che bisogna conquistare il blocco sociale che oggi vota per il centro-destra. Il fatto che in Italia ci siano venti milioni di lavoratori con grandi problemi di vita e financo di sopravvivenza non lo commuove, non lo interessa. Gli interessano Marchionne e la Confindustria, Montezemolo, Colannino, Merloni. Per questo il suo staff che si occupa di questioni sociali e di lavoro è fatto di persone come Ichino,Treu, Letta che traducono in linguaggio giuridico, in leggi o altro, i desiderata dell’imprenditoria italiana.
Il PD ha un peso enorme dentro la CGIL e sulla CGIL. I quadri dirigenti, i “funzionari” a tempo pieno che dirigono le categorie e di otto anni in otto anni trasferendosi da l’una all’altra sono sempre al loro posto  e costituiscono la struttura permanente della CGIL una volta facevano riferimento alle correnti comunista e socialista. Ora fanno riferimento soltanto al PD e si dividono soltanto per una maggioranza bulgara che fa capo ad Epifani ed una minoranza di circa il venti per cento che è un pochino più di “sinistra”.
Il peso di questo “apparato” sulla CGIL è enorme. I cinque e più milioni di lavoratori che
sono iscritti al Sindacato non hanno in realtà una grande voce in capitolo. Il potere dello apparato “a tempo pieno” riesce ad influenzare i Comitati Direttivi delle categorie che difficilmente si esprimono  difformemente nel dibattito interno.
Questa CGIL, negli ultimi due anni, ha realizzato tre scioperi generali tutti e tre dedicati al fisco. Una scelta che ha voluto escludere deliberatamente il padronato dalla  scandalosa questione salariale italiana e che si proponeva un piccolo recupero di una manciata di spiccioli dallo Stato. Non ha avuto alcun riscontro nel Governo che non ha concesso niente. I rapporti con Cisl ed UIL non sono stati buoni perchè la CGIL, condizionata da una base militante colta, consapevole e combattiva, non avrebbe potuto firmare la riforma del contratto e concordare l’allegato lavoro. Ma, sebbene non abbia condiviso le scelte di Cisl ed Uil non si è opposta ed ha consentito che i contenuti filtrassero attraverso le categorie
ed ha lasciato fare in Parlamento senza protestare che a cose fatte. Con l’accordo Alitalia ha passato il Rubicone ed ha consentito il dilagare di deregolation e nuove norme che sono giunte fino a Pomigliano ed ora invadono  tutto l’apparato industriale italiano.
Domani il Segretario Generale della CGIL che non ha mai nascosto il suo malumore per l’irrequietezza della Fiom ed il mancato accordo di Pomigliano concluderà il comizio di quella che si preannunzia come la più grande e vibrante manifestazione degli ultimi dieci anni.
Il comizio non potrà che confermare la politica della CGIL. La CGIL non chiederà la restituzione degli otto miliardi sottratti alla scuola ed impiegati nel finanziamento delle missioni militari, non chiederà l’abrogazione della legge Biagi, non chiederà  il rispetto dei ccnl ed il blocco delle deroghe, non chiederà di rivedere il sistema pensionistico praticamente ridotto ad  elemosine, non chiederà l’istituzione del Salario Minimo Garantito Europeo per combattere le aree di schiavismo.  Non chiederà un sostanzioso miglioramento dei salari. Si limiterà a chiedere una  generica politica industriale, miglioramento degli ammortizzatori sociali, qualche  euro di sconto fiscale  e, dal momento che Bersani ha accennato recentemente ai ricchi che non pagano le tasse, dirà qualcosa sulle rendite finanziarie.
Insomma  la enorme spinta che verrà dai lavoratori  verrà neutralizzata da un minimalismo al disotto delle necessità e delle istanze già avanzate in centinaia e centinaia di agitazioni e manifestazioni alle quali però non è stato consentito un punto di unificazione. Mentre la Francia dà vita a scioperi generali ben motivati da richieste precise come la scuola e le pensioni, in Italia le richieste resteranno generiche e minimalistiche.  
E’ possibile che a fronte della secchiata di acqua gelata che sarà gettata sui cortei piuttosto che ricavarne forza e voglia di combattere, il movimento si frantumerà in tante lotte locali disperate e senza alcuna speranza. Fino ad oggi c’è la speranza del 16 ottobre. Domani  il 16 ottobre sarà già alle nostre spalle.
Il minimalismo della CGIL non è riformismo. Il riformismo di Giuseppe Di Vittorio Fernando Santi Vittorio Foa era basato sui diritti. Magari un salario non molto alto ma diritti garantiti ai lavoratori a tutela della loro dignità e del loro benessere di cittadini.
Oggi la lotta si accanisce non solo sui salari che si vorrebbero ancora abbassare ma sopratutto sui diritti, sullo Statuto dei Diritti dei Lavoratori, sulla natura del ccnl, sul diritto alla salute, allo sciopero, alla pensione, alla sanità, alla scuola.  Ichino sostiene che lo sciopero va abolito e con esso anche il sussidio di disoccupazione che “impoltronisce” l’operaio! Il PD non lo smentisce
e chiede alla CGIL di essere patriottica, di aiutare l’economia italiana a ripartire caricandone il peso soltanto sui lavoratori.
Questa è  una delle più vistose anomalie italiane: sindacati che non danno niente ai lavoratori ma tolgono. Una sottrazione che dura dal 1992.
Pietro Ancona
già sindacalista CGIL,
già membro del CNEL