Rcs MediaGroup: di chi è il piano?

TORTA-RCSPrima di Natale, l’a.d. Pietro il Jovane ha inviato una missiva a tutti i dipendenti di Rcs MediaGroup. Annunciava grandi sacrifici – inevitabili, per quanto spiacevoli – e, inoltrando gli auguri di buone feste a tutte le famiglie dei lavoratori prossimi a essere sacrificati per il bene delle banche e degli azionisti, chiariva che quello in arrivo non era farina del suo sacco: “Questo non è il mio piano”.

Il piano, lo ricordiamo, prevede l’eliminazione di 800 posti di lavoro dipendente di cui 650 in Italia, la strage conseguente dei precari, la cessione dei periodici con 100 giornalisti dentro, il taglio di 110 giornalisti al Corriere della sera e della fogliazione del quotidiano, la chiusura delle sedi estere, l’alienazione del palazzo di via Solferino. Che cosa si salverebbe da questa eterogeneo disastro? Il settimanale Il Mondo e poco altro, che si potrebbe radunare nella torre di Mordor, a Cascina Gobba. Praticamente, il nulla.

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Rcs taglia altri 800 posti (senza contare i precari)

RCS_cubicoLa vera (brutta) storia

Bella fatica fare l’imprenditore, in Italia. Guardiamo il caso di Rcs Media Group. La fabbrica cognitiva più grande del Paese annovera nel patto di sindacato la meglio parte dei poteri forti (Mediobanca, Fiat, Italmobiliare, Pesenti, Pirelli, Fondiaria gruppo Unipol, alias Ligresti, Intesa San Paolo, Assicurazioni generali, Simpar gruppo Lucchini, Merloni, Eridano finanziaria, Edison) e sulle porte del patto stanno altri tre capi venerabili del padronato in braghe bianche (Rotelli, Della Valle e Benetton).

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