S.G.P.#6 I Quaderni di San precario, ovvero strumenti in movimento.

Organizza: Quaderni di San Precario, UniNomade Genova, Torino, Milan. Sabato 15 Gennaio, sala 2, orario 14.00 – 15.30

La presentazione del primo numero della rivista si fa, a un tempo, workshop. Quando la narrazione diventa inchiesta. Quando la lotta dà lezione. Quando la condivisione di sapere critico consente non solo di resistere ma di attaccare, diventando proposta alternativa reale.
I Quaderni di San Precario sono frutto della collaborazione di una tribù assai eterogenea, composta da singoli soggetti e realtà di attivisti e ricercatori che si muovono tra Milano, Torino, Genova con sconfinamenti verso Brescia, Bergamo e Pavia. Essi rappresentano, in particolare, la gemmazione spontanea nata dall’incontro della rete di Intelligence Precaria e della MayDay, che da anni anima le lotte sul precariato a Milano, con alcuni componenti del collettivo di Uni Nomade 2.0.

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S.G.P.#7 Precarietà di reddito: strumenti per superarla, esperienze e proposte territoriali

Organizza Bin-Italia e San Precario. Sabato 15 gennaio, Sala 2, orario 15.30 – 17.00.

Il Bin Italia ha dato vita a una nuova produzione editoriale, i QR – Quaderni per il Reddito –  brevi e agili opuscoli che usciranno a cadenza periodica, uno strumento di informazione e di approfondimento, che ospiterà di volta in volta autori nazionali ed internazionali, anche secondo le necessità contingenti del dibattito pubblico. Il primo QR offre una lettura critica e ragionata della legge sul reddito minimo nel Lazio con articoli di Giuseppe Bronzini, Riccardo Faranda, Sandro Gobetti e Luca Santini. Un utile strumento per ragionare ancora intorno alle necessità di un reddito garantito a partire dalle esperienze territoriali e dalle possibili sperimentazioni. Con l’occasione si presenteranno i dati relativi ai costi del reddito già presentati sui Quaderni di San Precario relativi alla proposta di welfare metropolitano, una prima analisi per arrivare a proporre un pacchetto di riforme relativo alla struttura di welfare, dagli asili nido alla continuità di reddito.

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Appello per difendere e rilanciare la legge sul Reddito Minimo Garantito nel Lazio

Pubblichiamo l’appello del Bin-Italia, l’associazione che promuove l’introduzione del reddito garantito in Italia. Piccolo riassunto per i più distratti: la regione Lazio amministrata dal centro sinistra approvò una legge per il reddito tutto sommato discreta. Col passaggio di giunta l’efficacia della legge è stata fortemente ridotta tagliandone i fondi. Un modo come un’altro per svuotarne l’efficacia.

APPELLO. Questo appello vuole raccogliere la sensibilità delle associazioni, della società civile, delle personalità culturali ed accademiche, dei singoli cittadini per l’attuazione della legge regionale del Lazio sul Reddito Minimo Garantito come primo esperimento nazionale di costruzione di un  sostegno al reddito per contrastare la disoccupazione, la precarietà e le nuove povertà.



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Roma. Reddito di cittadinanza: precari in protesta davanti sede regionale.

(OMNIROMA) Roma, 16 nov – Striscioni, slogan e un’icona di San  Precario: così stanno manifestando questa mattina, sotto la sede  della giunta regionale di via Cristoforo Colombo, circa 200  attivisti del «Coordinamento precari e disoccupati per il  reddito garantito».

«Siamo tutti assegnatari del bando regionale  del 2009 per il reddito minimo – ha detto una delle manifestanti  – stiamo aspettando che questi soldi vengano erogati ma, per  colpa del blocco sul finanziamento per il primo anno, deciso dalla Polverini, non abbiamo ricevuto nulla. Sappiamo, inoltre,  che il fondo per i prossimi anni non è stato neppure  rifinanziato». Sono circa 4mila le domande per il reddito  accolte dalla regione a fronte di 120mila richieste.

«Ora una  nostra delegazione incontrerà l’assessore al Lavoro, Mariella  Zezza – ha detto ancora la manifestante – non ce ne andremo  finché non avremo una risposta».

Intervista a Pantaleo (Flc Cgil)

Il Manifesto – 21 luglio 2010

Roberto Ciccarelli

«Il disegno di legge Gelmini sull’università è inemendabile. Va solo ritirato. Questo dovrebbero dire domani le opposizioni in Senato – afferma Domenico Pantaleo, segretario della Federazione dei lavoratori della conoscenza (Flc) della Cgil – Bisogna proporre un modello radicalmente alternativo contro il progetto del governo che mette in competizione gli atenei, ridimensiona il ruolo dei Senati accademici, accentra il potere nelle mani dei rettori, cancella la ricerca dall’università, oltre che il diritto allo studio».

È una critica al Pd che ha comunque promesso di dare battaglia in Senato?
Non voglio insegnare nulla alla politica, né la politica ha qualcosa da insegnare al sindacato. Che il Ddl sia inemendabile lo dicono i ricercatori che si asterranno dalla didattica non obbligatoria il prossimo anno accademico, gli studenti, la parte più avveduta dei docenti e molti organi accademici che si sono espressi in questo senso.
I sostenitori della riforma Gelmini sostengono che sono tutte persone che difendono lo status quo dell’università…
Dobbiamo intenderci su cosa significa «status quo». Per me è quello che vuole fare un governo che non ha alcuna intenzione di sbarrare la strada alle baronie e anzi impone il blocco del turn-over contro i giovani ricercatori e rende inutile il proposito della Gelmini di abbassare l’età pensionabile dei docenti a 65 anni. Sono d’accordo con la battaglia contro gli sprechi nella scuola e nell’università, ma per essere davvero efficace bisogna eliminare il sistema clientelare e reinvestire tutti i risparmi nella didattica e nella ricerca, nei programmi e nel diritto allo studio.

È possibile che il governo accetti di rifinanziare l’università dopo l’approvazione della riforma?
È così, ma questo paradigma dev’essere ribaltato. Approvare il Ddl non significa che verranno ritirati i tagli al fondo ordinario di finanziamento degli atenei che nel 2011 sarà di un altro 17 per cento. I tagli che Tremonti ha imposto alla Gelmini produrranno la deflagrazione del sistema. Il prossimo anno 37 atenei non riusciranno a chiudere il bilancio.

L’opposizione alla riforma cresce ma è ancora frammentata. La Crui ha una posizione debole in attesa di segnali dal governo. Non c’è il rischio che in autunno la mobilitazione resti isolata?
È un rischio evidente. Il nostro problema non è solo quello di costruire un movimento in autunno, ma di evitare la sua corporativizzazione. Per questo abbiamo bisogno di una seria interlocuzione con la politica che è mancata due anni fa durante il movimento dell’Onda. L’autonomia dei movimenti è importante, ma non basta se non coinvolge la società.

Cosa proponete di fare quando il Ddl arriverà alla Camera e incrocerà la nuova finanziaria?
Non possiamo più giocare di rimessa, dobbiamo proporre un’alternativa radicale. Per farlo c’è bisogno di unificare le lotte dei ricercatori con quelle degli studenti, degli enti di ricerca, dei precari e dei genitori nella scuola in un percorso collettivo.
Stiamo lavorando per convocare gli stati generali della conoscenza a Roma per fine ottobre. Il nostro obiettivo è creare un’alleanza sociale in cui il sindacato sia una parte importante, ma solo una parte.

Questa agenda l’avete proposta l’anno scorso quando avete convocato un’assemblea con i ricercatori precari alla Sapienza, ma non sembra avere avuto molto seguito nella Cgil…
Se non sostiene un altro modello di welfare, di sviluppo e di lavoro, il sindacato rischia di condannarsi all’inifluenza. Non abbiamo alternative.
Nella società esiste un largo consenso sul fatto che i saperi e la conoscenza siano l’unico strumento per uscire dalla crisi. In più costituiscono un fattore per sradicare l’antropologia del berlusconismo. La lotta contro la precarietà, per il reddito, per un nuovo welfare e i beni comuni sono il fondamento di un nuovo progetto sociale.

La grande maggioranza dei lavoratori della conoscenza sono intermittenti, lavorano a progetto o in autonomia, pochi saranno stabilizzati, gli altri no. Per difendere queste persone non c’è bisogno di un salto culturale anche da parte del sindacato?
Dobbiamo impegnarci su entrambi i fronti. Al lavoro cognitivo però devono essere riconosciute le garanzie contro tutte le forme di precarietà, ma anche la dignità sociale. Per farlo è necessario creare un sistema del welfare universale e non solo lavoristico che garantisca a tutti un sostegno indipendentemente dal lavoro svolto, ma che serva ugualmente ad accompagnare verso un lavoro. Solo così questo paese riuscirà a dare una risposta alla disperazione esistenziale delle nuove generazioni.