Essere City of Gods, la freepress alla Mayday

Come nasce l’idea di questo giornale? Semplice, i precari hanno deciso che era tempo di scrivere la loro versione dei fatti. E alla stampa italiana mandano a dire che…

I precari sono abili nel cogliere i presagi, nel mettere insieme i segni che il caso sparpaglia sul loro cammino. Hanno appreso quest’arte per muoversi con destrezza tra le loro molteplici esistenze. Hanno il fiuto raffinato, l’orecchio sottile, l’occhio acuto. City of Gods è nato nel dicembre 2006. Siamo a Milano, capitale del lavoro cognitivo e della produzione di simboli e di informazioni. Qui, oltre il 30% dei lavoratori appartengono al cosiddetto terziario avanzato, realtà  dove la precarietà  se la spassa più che altrove. La “classe creativa”, tenuta sotto il tallone da molteplici soggetti in molteplici situazioni, si sente poco bene, soffocata dalla idiozie che essa stessa contribuisce a inventare su dettame altrui, non conta nulla, non crede nel futuro. Si percepisce odore di prossimo crash.

Nel frattempo, la Federazione nazionale della stampa ha aperto la vertenza per il rinnovo contrattuale, una vertenza che molto punta sul tema del lavoro atipico nei giornali (oggi, se glielo ricordate, forse faranno come lo smemorato di Collegno: “Precarity? What is this?”). Si alza un velo su mondo sconosciuto ai più (i due terzi della categoria non hanno stabilità  contrattuale. Ricattati. Guadagni da fame, compensati, miseramente, da immaginari che mettono voglia di ridere o di piangere, a seconda dei casi). I precari che hanno dato vita alla May Day dal 2001 hanno incrociato questi dati, hanno letto le carte che il destino presentava. Hanno deciso che era il tempo di prendere parola e di scrivere una nuova versione dei fatti, perché nessuno, oltre a loro, lo sa e lo può fare.

City of Gods è dunque parte integrante di un percorso politico condiviso tra le molte realtà  precarie del mondo del lavoro che si sono mosse e aggregate in questi anni intorno alla May Day. Ma City of Gods è anche un giornale. Vuole dire all’informazione italiana, ai gruppi editoriali, ai colleghi ancorati alle poltrone che l’universo, lì fuori, gira, la free press si sta espandendo vorticosamente nel mondo, i giornali italiani sono noiosi, autoreferenziali, servili. La crisi di credibilità  della stampa di questo Paese, ostaggio della pubblicità  e dei collaterali, non si combatte con il corporativismo, ma con qualità , verità , realtà  e la valorizzazione del citizen journalism. E vuol ricordare alla stampa di sinistra che è obbligatorio aprirsi alle nuove categorie interpretative, alle nuove letture del mondo, su molti temi (il lavoro, le donne, le culture “altre”…).

Di City of Gods sentirete parlare ancora. E’ una promessa (e una minaccia).

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