L’unico precario buono è il precario muto

E’ il lontano 2007, un sacco di tempo fa, le nubi della crisi sono ancora distanti, nascoste oltre l’orizzonte, ma non è che si sta meglio.
E’ l’alba della settima MayDay, il Primo Maggio dei precari, che di anno in anno miete partecipazioni record, generando invidia e risentimento fra le molte “istituzioni della sinistra”.
Eh, sì, perchè questa manifestazione giovane, troppo allegra ed irriverente è un sassolone nella scarpa della politica. E’ fastidioso il volume con cui i precari declamano le loro  rivendicazioni, sono fastidiose le loro rivendicazioni, per dire infine, arrivando al succo, che sono fastidiosi gli stessi precari.
Se si limitassero a lamentarsi… ma no, anzi pretendono pure di prender parola.


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Cash&Crash

L’articolo che segue è stato scritto in occasione della mayday del 2008, rimane validissimo, anzi essenziale per capire i mutamenti che la precarietà ci impone. Lo ripubblichiamo perché, con altri contributi, nati dalla sapienza di San Precario entro breve lanceremo un “percorso-vita” che porrà la centro, in tutta la sua potenza, un “punto di vista precario”, ovvero una narrazione di ciò che ci circonda fatta con gli occhi, con la mente, con il cuore dei precari e delle precarie. Ciò che proporremmo sarà un lavoro collettivo, condiviso e partecipato, non solo “nostro”, ovvero della comunità che anima questo sito. Chi vorrà collaborare a questa costruzione sarà ben più che gradito.

Stay tuned.

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Dicono di noi #1. Il moderno culto di San Precario

Qulache giorno fa, leggendo la recensione (questa) di un libro sulla precarietà, “La generazione tradita”, scopriamo che il Giannini vice direttore di Repubblica ha un’idea tutta sua di San Precario.  Dice lui:” è il disperato «culto» moderno di San Precario: esige che un lavoro qualsiasi, malpagato e senza uno straccio di garanzia, sia comunque meglio di nessun lavoro”. Dal contesto si evince che il Nostro non ne sa niente del vero culto del patrono dei precari che esige tutt’altro che rassegnazione. Per questo gli abbiamo mandato una letterina, che trovate sotto,  giusto per mettere i puntini sulle “i”.

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Ancora una volta Mayday! Mayday!

Il primo maggio, per il decimo anno consecutivo, le strade di Milano sono state squarciate dal grido “Mayday! Mayday!”. Un grido lanciato come allarme dieci anni fa da una generazione che vedeva scomparire il suo futuro, un grido che è diventato urlo di battaglia, seguendo la rabbia del precariato che non era più soltanto una generazione, e un grido che torna ad essere ancora di allarme, allargandosi a tutti i soggetti che vivono nei territori di una metropoli sempre più chiusa e opprimente.


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Reminder: Perchè non si lavora il 1° Maggio

E’ l’alba del 2004. la prima assemblea in preparazione della mayday è appena terminata. Trecento persone provenienti da tutta Italia hanno appena definito un piano trimestrale d’avvicinamento al primo maggio precario.

Fra i tanti obiettivi discussi e condivisi ne spicca uno: interrompere la triste tradizione meneghina di mantenere gli esercizi commerciali aperti durante la festa dei lavoratori.

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