I Cie, il Male e la Paura (seconda parte)

Trovate la prima parte qua

In questo contesto i Centri di identificazione ed espulsioni (che hanno sostituito i Cpt creati nel 1998 dalla legge Turco-Napolitano) sono perfettamente funzionali alla creazione di quell’estraneo verso cui è canalizzato il malcontento dei cittadini in particolare con l’approssimarsi di scadenze elettorali. I Cie dunque sono spazi in cui si costruiscono delinquenti, devianti e marginali per poter meglio applicare, senza resistenze e proteste degli elettori, quelle politiche di esclusione che hanno sostituito l’apartheid e che travalicano i muri fisici dei Cie per diffondersi nell’intera metropoli.

A cosa servono realmente questi moderni lager?

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I Cie, il Male e la Paura

In tre puntate pubblichiamo un approfondimento di Faber sul reale senso dei Cie, i centri di identificazione ed espulsione (ex cpt). Luoghi oscuri, attraverso i quali le genti italiche placano le proprie paure, ma che non servono a niente, se non a rendere la nostra coscienza ancora più nera.

LA MACCHINA DELLA PAURA (prima parte)

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L’unico precario buono è il precario muto

E’ il lontano 2007, un sacco di tempo fa, le nubi della crisi sono ancora distanti, nascoste oltre l’orizzonte, ma non è che si sta meglio.
E’ l’alba della settima MayDay, il Primo Maggio dei precari, che di anno in anno miete partecipazioni record, generando invidia e risentimento fra le molte “istituzioni della sinistra”.
Eh, sì, perchè questa manifestazione giovane, troppo allegra ed irriverente è un sassolone nella scarpa della politica. E’ fastidioso il volume con cui i precari declamano le loro  rivendicazioni, sono fastidiose le loro rivendicazioni, per dire infine, arrivando al succo, che sono fastidiosi gli stessi precari.
Se si limitassero a lamentarsi… ma no, anzi pretendono pure di prender parola.


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Dicono di noi #3. Le richieste degli «atipici»

Questo articolo del signor Passerini ha sollevato una piccola diatriba. Il giornalista, firma di punta del Corriere lavoro, odiava profondamente San Precario, come molti suoi colleghi d’altronde. Non abbiamo mai capito il perchè , forse quest’astio era dovuto al fatto che il santo rendeva la precarietà un pò meno truce e un pò meno sfigata? Forse il giornalista non amava scrivere editoriali a mò di premessa per gli annunci del lavoro e gli sarebbe piaciuto di più scrivere per la Nera? O forse la figura del Santo era ingombrante e riempiva quei vuoti intepretativi nei quali il Walter (Passerini) avrebbe voluto sguazzare. L’ultima  ci è parsa sempre la più azzeccata. Sentite questa.

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Disposti a tutto… pur di trattare col governo.

Siamo onesti: la campagna della CGIL “Disposti a tutto” ha sollevato un certo stupore tra le reti dei precari della MayDay. Non certo per la campagna in se’ (sofisticata e pompatissima dai media, ma di scarso appeal), quanto per la curiosità di saper chi fosse il “mandante” di questa operazione. Tra mailing list e social network si sono rincorse tre ipotesi: una trovata del PD, un nuovo sito di recruitment (scambismo on line fra domanda e offerta di lavoro) di Repubblica (ancora?), una campagna pubblicitaria della CGIL. La terza si è dimostrata (in parte) quella giusta, ma subito è sorta un’altra domanda: ma quanti soldi hanno da buttare via questi?

Il tutto è caduto nell’oblio fino alla scorsa domenica,quando la neo-segretaria cgiellina Camusso si è lasciata andare ad una serie di dichiarazioni osè ai microfoni di Radio Popolare.
“Ci siamo interrogati se i nostri linguaggi fossero comprensibili ai giovani, sul perchè li incontriamo nelle scuole ma poi li perdiamo quando entrano nel mondo del lavoro”…
“L’italia ha tradizione di movimenti studenteschi ma non di giovani lavoratori”…
“La MayDay è un raduno annuale, non una costruzione di un effettivo movimento che abbia poi una piattaforma o una capacità di aggregare”…

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