Grecia: sovranità perduta

Le misure imposte al popolo greco dal Fondo Monetario Europeo e dalla Banca Centrale di Bruxelles, svelano in modo esemplare quali siano i desideri economici delle elites dirigenti europee e mondiali.

Nessun pentimento dopo il crack finanziario, nessuna vergogna dopo i fallimenti di banche salvate dallo Stato in Olanda, Inghilterra, Germania, Irlanda, Usa. E’ la finanza a comandare sottraendo sovranità politica ed economica agli stati deboli. Come è successo alla Grecia.

La situazione del popolo ellenico è simile a quella di una famiglia che per poter far finta di vivere decentemente si è accollata un mutuo inestinguibile. Un debito che nemmeno i figli di chi oggi ha quarant’anni riuscirà a saldare. Un nuovo mutuo la cui formula potrebbe essere: ‘cappio al collo’.

Per ripagare i prestiti contratti impunemente da una delle elites meno democratiche del continente, gli ellenici dovrebbero ingoiare le seguenti misure economiche:

Congelamento dei salari

La parte visibile dell’accordo prevede un blocco di 3 anni dei salari a fronte di un aumento di tutti i generi di prima necessità: cibo, trasporti, benzina e sigarette. Giornali e TV parlano di soli dipendenti pubblici ma è facile prevedere un massacro per la maggioranza dei lavoratori sotto i 40anni del privato, precari già dall’entrata nel mondo del lavoro, la cosiddetta generazione 700 euro. Questo quanto prevede la parte diffondibile del patto, quella secretata parla l’arido linguaggio della finanza contabile. Ed è molto più dura da comprendere.

Aumento dei prezzi

In pratica le misure imposte dall’esterno, e inghiottite a forza dal Pasok di Papandreu figlio, vedranno il popolino, i piccoli commercianti, i pensionati e gli anziani privi di rendite finanziarie e immobiliari pagare per intero gli interessi sul capitale preso a prestito. Tutti gli aumenti, visto che riguardano beni di largo consumo, saranno pagati dai più poveri. Non solo con i loro redditi, ma con la compressione di tutta la spesa pubblica, unico settore in cui la negletta sovranità politica ha ancora qualche peso decisionale.

Spese militari

E’ previsto, sulla carta, un calo del 25% delle spese militari correnti. Ma si tratta di misure a venire che saranno sicuramente osteggiate dalla potente casta dell’esercito ellenico, mai cambiata né nei vertici né nelle pratiche rispetto ai golpe militari che la portò alla guida del paese negli anni successivi alla Guerra, con il sostegno della Cia. Inoltre Papandreu non può permettersi di indebolire l’apparato repressivo dello stato, che l’ha messo al potere proprio perché l’unico politico in grado di far ingoiare ai greci una controriforma reazionaria dello stato. Se al potere ci fossero i colonnelli o i conservatori di Nuova Democrazia, le manifestazioni di dissenso sarebbero molto più gravi.

Bonus, tredicesime e pensioni

Tutte le voci di salario accessorio, i premi, i bonus, la tredicesima e la quattordicesima vengono decurtati. L’età pensionabile sale a 67 anni sia per gli uomini che per le donne. I tagli diventano totali per gli stipendi pubblici lordi superiori a 2500 euro, 1800 euro netti.

Manovra a senso unico

Nonostante i proclami e le rassicurazioni fatte dal Governo, agli atti pratici, tutte le misure sono indirizzate a colpire i redditi da lavoro. Nessuna limitazione è prevista per i megastipendi dei manager che gestiscono beni pubblici privatizzati. Nessuna misura di intervento fiscale diretta a proprietari terrieri e immobiliari. Le rendite finanziarie non vengono nemmeno citate. Anche la sbandierata riforma del gettito fiscale rimane solo un’ipotesi dai tempi lunghi e dalla difficile realizzazione vista la schiacciante maggioranza della componente liberista in entrambi gli schieramenti parlamentari. Credere o solo sperare che per la prima volta nella storia greca possano essere colpite le rendite o gli armatori, è un’illusione infantile.

Finta sorpresa

Lo stupore di giornali e TV rispetto al deficit greco è indice di profonda malafede. Se non fossero stati sufficienti i rapporti economici, le stime della Banca Centrale Europea, il rapporto Pil debito pubblico degli ultimi 10 anni, bastava atterrare nel nuovo aeroporto di Atene per annusare la puzza di bruciato. La struttura esagerata anche per paesi ben più floridi della Grecia, costata uno sproposito e voluta dai due maggiori partiti in occasione delle Olimpiadi di Atene 2000, è l’esempio più lampante delle responsabilità dei dirigenti greci. Costruito in una zona arida a 1 ora dal centro della città, contornato da svincoli, autostrade, sopraelevate costate quanto una piccola manovra economica statale, è un insulto al buon senso della tradizionalista ma tenace cultura contadina greca. Lo spreco di denari pubblici, lo sfoggio di un lusso spropositato, il boom immobiliare sfrenato che ha stravolto la bellezza intatta di decine di isole, erano sotto gli occhi di tutti, da anni.

Sfregio dell’anima ellenica

Lo sfregio non è solo visivo ma ha colpito profondamente l’animo di un popolo duro, abituato da centinaia di anni a combattere. Le speculazioni immobiliare dilagate in tutto il paese hanno fatto nascere una classe di spregiudicati nuovi ricchi, invisibili al fisco, scaltri nell’approfittare delle larghe maglie dei controlli statali. Se a questo si aggiunge la corruzione endemica di una Polizia che si considera casta eletta e intoccabile insieme all’esercito, il quadro si colora di tinte fosche. Non è un caso che i primi a manifestare contro la corruzione di una classe dirigente decrepita fossero stati gli anarchici, nella primavera del 2008. Quelle occupazioni universitarie, quegli scontri, quelle vere e proprie ribellioni di interi quartieri di Atene e Salonicco, bollati dalla stampa come vandalismi non erano altro che un campanello di allarme rimasto inascoltato.

Impunità dei responsabili

Ora gli stessi responsabili delle scelte dissennate che hanno fatto perdere l’indipendenza alla Grecia, 190 anni dopo la liberazione dai Turchi costata migliaia di vittime, tornano al timone della nave appena affondata. Senza vergogna, come se nulla fosse successo. Ma chi affiderebbe nuovamente la sua barca a un capitano che ha appena rotto lo scafo contro degli scogli visibili a un cieco? Nel 1820, durante la guerra di indipendenza greca, l’Europa migliore corse in aiuto dei fratelli ellenici. A Creta ad Atene e Volos, sui monti dell’Epiro, combatterono migliaia di giovani inglesi, italiani, ungheresi, francesi. Il sangue dei patrioti italiani Santorre di Santarosa e Giacinto Collegno fu versato per la sua libertà. Oggi in un’Europa che si vorrebbe unita, sono poche le voci che si levano in aiuto della Grecia. Nessuno chiede la giusta punizione per chi ha condotto il paese alla deriva. Anzi l’Unione europea concede prestiti agli stessi che hanno scialacquato fino a ieri.

Quando, ed è solo una questione di tempo, toccherà anche a noi, chi potrà sostenere di non aver visto nulla? Chi potrà dire, senza arrossire, di non aver sentito le urla dei nostri fratelli greci?

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