Vodafone, la rabbia degli operatori scuote Montecitorio

6 ottobre 007 

da Liberazione


In piazza contro la cessione del call center

«Il potere siete voi ma la forza siamo noi»: quando i lavoratori del servizio clienti della Vodafone iniziano a scandire questo slogan, gli edifici che circondano Piazza Santissimi Apostoli sembrano unirsi al coro, tanto forte è il rimbombo. Sono circa un migliaio, venuti a Roma da diverse parti d’Italia per gridare al "padrone" che sono esseri umani «e non sacchi di sabbia». Che non è giusto che la Vodafone dall’oggi al domani possa vendere 914 lavoratori a un’altra società, esponendoli al rischio di perdere tutto: qualifiche, diritti acquisiti e, soprattutto, la certezza del posto di lavoro, in quanto Comdata «lavorerà su commessa per Vodafone, che in futuro potrebbe anche cambiare fornitore», spiega un delegato.

Dopo anni passati al telefono, a diretto contatto con la clientela, gli operatori del 190 si aspettavano un trattamento diverso da parte dell’azienda. In fondo, dietro quei 4 miliardi di utile registrati dall’ultimo bilancio c’è anche il loro lavoro.

Sono infuriati e si vede. Ce l’hanno con la Vodafone, con il direttore delle risorse umane Michele Verna (a cui la piazza ha dedicato più di un Vaffa, Grillo insegna…), con l’amministratore delegato Pietro Guindani. Ma ce l’hanno anche con la politica, che ha partorito una legge, la legge 30, che permette questa «vergogna», come recita lo striscione posto sotto al palco. Norme «che non servono a far emergere il lavoro nero ma a distruggere quello buono», sottolinea tra gli applausi il segretario nazionale Fiom Giorgio Cremaschi, venuto a portare la solidarietà dei metalmeccanici. A lato del camioncino su cui si alternano gli oratori c’è un’altro striscione che invita a votare No all’accordo del 23 luglio.

La piazza si scalda quando prende la parola Alessandra, autrice di una lettera pubblicata da Liberazione , l’unico giornale che, ricordano dal palco, ha dedicato «un’intera pagina» alla protesta degli operatori della Vodafone. Alessandra porta al collo il simbolico cartello "Vendesi" esibito da tutti i manifestanti: sul suo c’è scritto "Vendesi mamma". «Sono qui, un po’ emozionata, assieme a uno dei miei tre futuri precari», dice tenendo per mano la figlia piccola. Sono presenti anche alcuni parlamentari, tra cui Franco Russo, Elettra Deiana e Francesco Caruso di Rifondazione Comunista. «La legge 30 va cambiata perché è quella che dà gli strumenti ai padroni per esternalizzare e precarizzare sempre di più il lavoro. Per noi è un punto cruciale della lotta politica e vedrete che durante la discussione sulla Finanziaria questo sarà fatto», promette Russo.

Ma la piazza non si fida: «Vogliamo fatti, non parole», è stata la risposta.Canta vittoria la Slc Cgil per lo sciopero, «riuscito al 95%». A Roma hanno manifestato lavoratori provenienti da Bologna, Napoli, Catania, Palermo, Catanzaro, Bari e Ivrea, mentre a Milano si è svolta una manifestazione per il centro-nord che ha coinvolto oltre 1.500 lavoratori. Una scelta, quella dei due cortei, che ha suscitato qualche perplessità, dal momento che una manifestazione unica avrebbe garantito maggiore visibilità alla protesta. Sono circa le 13.30 quando i manifestanti romani raggiungono alla spicciolata il presidio davanti a Montecitorio. Una delegazione viene ricevuta dal presidente dei deputati del Prc, Gennaro Migliore e dal capogruppo in commissione Lavoro alla Camera, Augusto Rocchi. «Quella dei lavoratori Vodafone – dicono i parlamentari del Prc – è una lotta esemplare di come i conferimenti di rami d’azienda servano a mascherare veri e propri processi di licenziamenti collettivi.

Chiederemo al governo – annunciano Rocchi e Migliore – di intervenire per fermare questa esternalizzazione. Chiederemo inoltre interventi strutturali che modifichino la legge 30 lì dove agevola queste operazioni a scapito dei lavoratori».Anche la sottosegretaria al Lavoro, Rosa Rinaldi, ha voluto incontrare i manifestanti. «Siamo riusciti a strapparle una promessa – riferisce un rappresentante delle Rsu, Roberto Di Palma – ci ha assicurato che in tempi brevi convocherà le parti per tentare di trovare una via di uscita alla nostra vertenza. Rinaldi ci ha detto inoltre che è sua intenzione coinvolgere in questa vicenda anche il ministero delle Attività produttive».

di Roberto Farneti

 

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Posizioni sulla manifestazione del 20 ottobre 2007

Rassegna stampa dal Corriere della Sera
e dal Manifesto settembre 2007

COSA FA LA COSA ROSSA PER COSARE IL
GOVERNO A DIRE QUALCOSA DI SINISTRA

CICLO DI INTERVISTE DEL MANIFESTO E DEL
CORRIERE

  1. Giannini (Partito della
    rifondazione comunista) 9/9/07 MANIFESTO

  2. Cento (Verdi) 11/9/07 MANIFESTO

  3. Niccolosi (CGIL lavoro e società)
    12/9/07 MANIFESTO

  4. Marco Revelli 13/9/07 MANIFESTO

  5. Alleva (Giuslavorista) 14/9/07
    MANIFESTO

  6. Rinaldini (FIOM)15/9/07 MANIFESTO

  7. Cremaschi (FIOM) 9/9/07 CORRIERE

  8. Giulietto Chiesa MANIFESTO

  9. Mussi (SINISTRA DEMOCRATICA)
    CORRIERE

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FIOM e lo strappo

Dal
manifesto e dal corriere settembre 2007

1) I metalmeccanici non
approvano Manifesto 12/9/07

2)
L’ esecutivo e lo strappo di Rinaldini I TAMBURI DELLA FIOM13
settembre, 2007 Corriere della Sera

3)
il Leader Epifani: ora il chiarimento I metalmeccanici non sono un
sindacato a parte 13/9/ 2007 Corriere

4)
RETROSCENA Svolta movimentista delle tute blu La parola «scissione»
non fa paura 12/)07 Corriere

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Sistema assistenziale come sistema di controllo

In questo breve studio vi è un capitolo estremamente esplicativo di ciò
che intendiamo per “precarizzazione assoluta”. Per quanto selvaggia,
oggi la precarietà è un prodotto del mercato del lavoro. Certo, i
governi l’hanno favorita e legiferata ma in questo momento il lavoratore
ha come controparte l’azienda o l’amministrazione, come nel pubblico
impiego. Una riforma come quella che il ministro Damiano sta studiando
invece introduce una forma di precarizzazione mista, prodotta dal
mercato e controllata dallo stato o dagli enti locali. Un sistema di
questo tipo non avrebbe rivali sociali. Leggere e ricordare per credere.

2 capitoli tratti da

Sergio Bologna

ed. Manifesto Libri

Dicevamo, per riprendere il discorso sul Partito comunista e per cercare
di capire le sue difficoltà, anche nel momento dei suoi maggiori
successi elettorali, che il suo potere virtuale nella società gli
derivava dall’ essere la maggiore organizzazione politica presente tra
la massa dei disoccupati; questo significa che la vera controparte
istituzionale della base comunista era l’amministrazione del Ministero
del Lavoro addetta alla gestione dei sussidi di disoccupazione, cioè un
apparato complesso e capillare, una delle colonne dello Stato
weimariano; il Partito comunista doveva dimostrare la sua abilità nell’
organizzare e gestire i conflitti sociali non sui luoghi di lavoro ma
sui luoghi dell’ assistenza.

Perciò è di fondamentale importanza, per
capire la crisi di Weimar e il passaggio al nazismo, conoscere a fondo i
meccanismi di controllo, di selezione e di disciplinamento di cui
l’apparato assistenziale poteva disporre. L’aumento vertiginoso della
disoccupazione conferì a questo apparato poteri larghissimi nella
fasefinale della Repubblica. potremmo dire che lo Stato, agli occhi del
cittadino, non aveva altro volto identificabile se non quello dell’
apparato assistenziale. I poteri discrezionali di questo apparato
aumentarono man mano, la sua funzione di "sportello di sussidi" fu
gradualmente sostituita dalla funzione di "raccolta d’informazioni sulla
persona".

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Report su precarietà  e reddito.

Torchiera Senz’acqua 15 luglio 2007

Nonostante la calura e soprattutto grazie ad un refrigerante
ventilatore si è svolto nel pomeriggio del 15 luglio in una Milano
deserta ma non per questa meno cospirativa la seconda giornata del
workshop cospir/attivo dell’Intelligence Precaria.

Tra i temi, quello
del rapporto tra precarietà e reddito. La partecipazione è stata un
poco inferiore a quella del sabato pomeriggio, un po’ per il periodo,
un po’ perché l’argomento reddito è ancora difficile da digerire.
Tuttavia, discutere di una nuova politica di welfare che si fondi sulla
continuità di reddito e salario minimo è oramai imprescindibile, che
piaccia o meno!

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