MayDay, atto 7: 60mila a Milano San Precario a suon di musica

3 maggio – Liberazione

In piazza i lavoratori in lotta e molti migranti

MayDay, atto 7: 60mila a Milano San Precario a suon di musica

di Francesco Purpura 

Per la settima volta consecutiva la mayday parade milanese sfila per le vie della città  portando in piazza decine di migliaia di precari. Cinquanta, sessantamila giovani (e non) hanno riempito le strade di Milano nel pomeriggio del Primo Maggio in una manifestazione se possibile ancor più riuscita, partecipata e colorata delle precedenti.
In contemporanea con oltre venti città  europee, come ormai da tre anni a questa parte e in rete con le iniziative di Napoli, Palermo e L’Aquila, quasi trenta camion hanno scandito i suoni, le rivendicazioni e le vertenze dei precari milanesi che non si riconoscono nelle politiche concertative di Cgil Cisl e Uil. C’erano i lavoratori della Wind di Sesto S. Giovanni, da mesi in lotta contro i processi di esternalizzazione che minano i posti di lavoro,supportati dai "cospiratori precari" di Genova del centro sociale Terra di Nessuno, gli ormai veterani "precari dello spettacolo", come sempre in cooperazione con il Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa, il "coordinamento degli operatori sociali" che insieme al centro sociale Pacì Paciana di Bergamo animavano un carro rosa shocking, i neo-ccupanti dell’Asso, il collettivo di studenti universitari che ha dato vita pochi giorni fa ad uno studentato autogestito impossessandosi della storica sede del Pci/Pds/Ds di Via Volturno, un camion enorme della "città  di sotto", nodo sociale della costituente Sinistra Europea che appoggiandosi al Leoncavallo ha visto la partecipazione di delegazioni da diverse città  italiane e tanti altri ancora.

C’erano ovviamente anche i sindacati di base, a cominciare dalla sempre più visibile Cub, che ha riempito di bandiere tutto il percorso e che, forte del suo ruolo di co-fondatore dell’iniziativa, ha colonizzato la piazza d’arrivo della manifestazione, presenti così come le delegazioni del Sindacato Intercategoriale dei Lavoratori, con una partecipazione significativa di migranti, gestori e operatori dei phone-center che la recente legge 6 del governatore Formigoni costringe di fatto a chiudere e che quindi ricordavano come "ci hanno fatto diventare precari per legge". E poi tantissimi piccoli gruppi, micropresenze da ogni dove a confermare, se non nei numeri sicuramente nell’estensione territoriale e nella diversità  di provenienza, l’ormai consolidato superamento della mayday sul sempre più fiacco e incolore primo maggio sindacale. «E’ un fatto incontestabile -ha dichiarato Piergiorgio Tiboni, – che si è trattato della più importante manifestazione per il Primo Maggio che si è tenuta in Italia.

La mobilitazione di tante persone, tra cui la novità  di quest’anno è la partecipazione di migliaia di studenti delle superiori e delle università  – continua Tiboni – dà  la misura dei bisogni e della partecipazione alle lotte per una profonda modifica della politica economica e contro il lavoro precario». Mayday, atto settimo quindi. Sette anni intensi, di crescita, in cui, come recita il sito di Chainworkers che in questi anni ha tessuto la trama e le fila di quest’esperienza, si è passati dalla "sorpresa" di un nuovo soggetto che affermava la sua esistenza nel 2001 e 2002 al dichiarare poi la condizione sociale (e non solo lavorativa quindi) della condizione di precarietà  nel 2003. E’ seguita l’invasione dei cinquantamila del 2004, primo anno di moltiplicazione delle parade precarie nelle città  europee e di comparsa sulla scena di quel San Precario che negli anni a venire diverrà  vera e propria icona no-copy degli attivisti maydayani lungo tutto lo stivale. Proseguono il percorso storico-politico gli Imbattibili, i supereroici modi in cui nel 2005 vengono comunicate e rappresentate le diverse forme di resistere alla precarietà  per arrivare infine all’anno scorso in cui, provocatoriamente, si afferma che se è l’intera vita dei precari ad esser messa in gioco allora la lotteria in cui s’è inseriti (e che viene resa parodia) è il meccanismo da inceppare per non sentirsi dire sempre e comunque "ritenta, sarai più fortunato".

Quest’anno, con la collaborazione anche di Liberazione, i richiestissimi "Tarocchi precari" hanno mostrato a tutti le due facce possibili delle mille diverse condizioni precarie: sfruttamento e mancanza di diritti da un lato ma cospirazione, iniziativa e rete solidale dall’altro. E i manifestanti di Milano hanno già  detto chiaramente da che parte si collocano.

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Pesca la carta e ti dirò chi sei

 03/05/2007

3 maggio 2007 – Il Manifesto

Milano. Alla parata dei precari si divina il futuro e si consultano i tarocchi

Pesca la carta e ti dirò chi sei

100 mila alla Mayday parade

di Sara Farolfi

 

Milano – Il futuro? Alla Mayday si legge destino. E per conoscerlo si consultano gli «arcani» della precariomanzia gratuita. Pochi scampoli di speranza, però, per i centomila precari che ieri hanno sfilato lungo il centro di Milano. Hai tra le mani la «papessa», donna in pettorina rosa che simboleggia il diritto alla casa, agli affetti, al tempo e al sesso? Allora c’è da sperare di trovare subito il «santo». E il destino promette una maternità  desiderata con i contributi pagati. Alla sua settima edizione, meno partecipata – notano in molti – almeno per quanto riguarda alcune delle sigle della cosidetta sinistra radicale, la parata precaria milanese continua ad intercettare comunque un «bottino goloso». Decine di migliaia di giovani e giovanissimi che vivono la precarietà  come condizione esistenziale. Del lavoro e degli affetti. Diffidano della rappresentanza, politica e sindacale, e rivendicano il loro protagonismo. Inutile dire a che santo sono votati. Eccola la Mayday, precaria pure lei a soli sette anni, nel suo carnevalesco procedere tra il serio e il faceto. A ciascuno il suo arcano. Gli autorganizzati dello spettacolo, i giornalisti «creAttivi» e gli ormai storici precari della Scala, che aprono la colorata sfilata, esibiscono l’«appeso». Quello che attende il rinnovo del contratto, o il pagamento del lavoro svolto sei mesi prima. «Il più precario dei precari», al quale l’unica speranza può arrivare dalla «telefonista». In maglietta rossa, si presentano le «Winders», lavoratrici (e qualche lavoratore) del call center Wind di Sesto San Giovanni, di recente esternalizzati ad Omnia. Una trentina di loro al corteo. Contratto a tempo indeterminato, raccontano, «ma il nostro lavoro – è legato ora a una commessa da cui Wind potrebbe recedere in ogni momento». E con Omnia – dice – «ci sono già  problemi con l’accredito degli stipendi». Sullo scorcio di piazza Duomo, come di consueto, san Precario intona «o mi bela madunaina, che sta mai hands in hands». «L’ambiente va tutelato a tempo indeterminato» dicono i precari dell’Arpa, che per l’occasione è diventata l’«agenzia regionale dei precari dell’ambiente». Vicini, i precari del Comune di Milano. La «catena» è il loro arcano, «quella che ti lega al lavoro, agli schedari, all’ufficio…». A proposito di Comune, immancabili i commenti del vice sindaco Riccardo de Corato. Per lui è una «spray parade», vede solo le scritte comparse su alcuni muri in solidarietà  agli arrestati del 12 febbraio scorso e al centro sociale Gramigna. Ma mai come quest’anno la Mayday è filata via come una grande festa. Qualche centro sociale esibisce l’«immobile», temibile arcano che «se accompagnato dalla Macchina, può simboleggiare le ruspe che abbattono il centro sociale». Dietro, il carro dei migranti, «cittadini di fatto» si definiscono, quest’anno con l’inedita presenza di qualche cinese. A chiudere la parata, i sindacati autonomi Cub e SdL. Mario esibisce il suo cartello: «Sono a tempo determinato, scado il 3 maggio». Gran finale, come sempre, al castello Sforzesco tra musica e balli in piazza. Difficile da cogliere in una parola, la parata che fa della sua molteplicità  e irriducibilità  agli schemi della rappresentanza la propria ragione d’essere. Per l’anno prossimo, sentita la cartomante, si spera nel jolly.

 

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1 Maggio: Euromayday a Milano

1 MAGGIO: EUROMAYDAY A MILANO PER 7 MILIONI PRECARI MONTAGNOLI (CUB), IL GOVERNO NON HA FATTO NULLA PER LAVORATORI

(ANSA) – MILANO, 28 APR – Sette milioni di precari fra cocopro, finte partite Iva, interinali, contratti a temine, part-time utilizzati a tempo pieno ma pagati la metà : è questo ‘popolò, fra cui sempre più donne, che da un lato non è disoccupato, ma dall’altro non ha certezze del presente e del futuro che la Euromayday Parade 2007 vuole rappresentare nella manifestazione del Primo Maggio a Milano. Storicamente l’iniziativa è stata inventata dalla Confederazione unitaria di base (Cub), ma nel tempo si è aperta dal punto di vista organizzativo a realtà  di lavoratori auto-organizzati, centri sociali, chain-workers, cioè dipendenti delle grandi catene commerciali di cui è simbolo «negativo» Wall-Mart. Ed è sempre numerosa la presenza di giovani, pensionati, lavoratori, studenti.

Quest’anno si punta a raggiungere «circa 100 mila persone, in linea con l’anno passato» ha spiegato uno dei coordinatori nazionali della Cub, Walter Montagnoli presentando la Parade questa mattina davanti a Palazzo Reale con dietro, non casualmente, il cosiddetto ‘scheletronè (un enorme scheletro di un alieno antropomorfo dello scultore Gino De Dominicis) che rappresenta «la situazione attuale degli occupati». Come è ormai tradizione il corteo sarà  aperto da una ventina di carri allegorici ognuno dei quali prenderà  come tema una azienda con problemi per esempio la Wind di cui vengono contestate le esternalizzazioni, o i precari del Comune e della Scala. Si parte verso le 15, con concentramento un’ora prima, da piazza XXIV Maggio verso corso di Porta Ticinese, via Torino e piazza Duomo. Il finale è previsto in piazza Castello. La Euromayday chiede l’abolizione della legge 30 e del pacchetto Treu, la trasformazione in lavoro subordinato del finto lavoro autonomo e la centralità  del lavoro a tempo indeterminato. Ma al centro vi è anche la tutela del reddito fra un lavoro irregolare e l’altro. «I dati sulla presunta riduzione della disoccupazione – hanno sottolineato Montagnoli, Luigia Pasi di SdL, e Frankie, un rappresentante dei precari – nascondono il fatto che tutti vengono assunti senza tutele. Il fenomeno colpisce tutte le classi sociali e di età  e in particolare le donne. Il 40% dei precari è in Lombardia e il 28% nel Lazio». «Il Governo e il ministro Damiano non hanno fatto assolutamente nulla per i lavoratori, sono perlomeno assenti oltre che corresponsabili di questa situazione», ha concluso Montagnoli.

 

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Da Omnia a Datel, ecco i call center «cattivi»

Da:
"il Manifesto", 24 marzo 2007

«Si stanno sottraendo alle stabilizzazioni per mantenere migliaia di
lavoratori precari». Con loro Transcom, 4You, Call&Call. Denuncia Cgil

di Antonio Sciotto

Quasi tutti i call center sono stati, in questi anni, «cattivi» per
definizione, e questo i lettori del manifesto lo sanno: luoghi dove la
precarietà  ha proliferato senza argini. Oggi si sta ponendo una
soluzione, con alcuni limiti: la finanziaria ha dato il via alle
stabilizzazioni, offrendo il tempo indeterminato come sbocco, ma
purtroppo in molti casi – la Cos è l’esempio più eclatante – i
lavoratori si ritrovano con part time di sole 20 ore settimanali e 550
euro netti al mese, aprendosi un problema di tenuta salariale e
previdenziale. Inoltre, devono firmare una conciliazione che porta alla
rinuncia dell’intero salario pregresso. Ma almeno hanno il tempo
indeterminato. Ci sono call center che invece non vogliono concedere
neppure quello, che fanno i «furbetti del telefonino», così li definisce
Alessandro Genovesi, segretario nazionale della Slc Cgil: tanti gruppi
che si stanno sottraendo alla stabilizzazione. In tre modi. 

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Call Wind & Strike

Mancano pochi giorni all’esternalizzazione.

banner_wind180x150.gif Pochi maledetti istanti ci dividono dall’ulteriore nefandezza che un’impresa compie ai danni di persone che fino a ieri si sentivano garantite e che da domani lo saranno molto di meno. Che ci credano o no, da domani saranno più precari. Tutti e tutte. Non è una questione di impiego garantito o meno. Non importa se resteranno in Wind o se troveranno un altro lavoro stabile. Da domani, per sempre, avranno la percezione che tutto può mutare, con una facilità  incredibile ed una velocità  inafferabile.
La parola di un contratto non sarà  più la stessa. I rapporto con i propri colleghi neanche.

Ma anche la civiltà  delle imprese, la fiducia verso le loro promesse, l’adesione al loro mondo ne usciranno mortificate.

Attenzione però! La disillusione non ha in sè un valore positivo se non si trasforma in una complicità  con altri precari/e e altri/e lavoratori/trici. La sfiducia verso qualcuno non si tramuta in automatico in una fiducia in qualcun’altro.

La precarizzazione nasce e si diffonde proprio così. L’erosione dei diritti e lo svilimento delle condizioni di vita disilludono profondamente le persone ma l’atomizzazione – la solitudine e l’impotenza sociale – rendono questa sfiducia un motivo di competizione e non di ripensamento dei propri gesti, ineludibile preludio alla creazione di un altro Senso.

"Non pensavo che il mondo fosse così schifoso" ha detto un lavoratore chiudendo un lungo fraseggio che ha ripercorso in un baleno due mesi durissimi, sia mentalmente che fisicamente, in cui tutto, per lui, ma anche per noi, è mutato.

In questa frase traspare una consapevolezza diversa e non una rassegnazione. Ma dove si colloca questa consapevolezza? Spesso si colloca in un mondo in cui la percezione del sè non è più nitidamente schierata o "con i padroni o con i lavoratori" bensì si immerge in un contesto composto da mille coscienze e mille identità  che confondono. Illudendo o distraendo.

Questo meccanismo perverso, conseguenza del modo di produrre e delle filosofie esistenziali delle imprese, impedisce alla disillusione di trasformarsi in un sentimento positivo, complice ed attivo. Per scardinarlo è necessario costruire dei riferimenti sociali non più centrati sulla "coscienza" ma sul "vantaggio" che una cooperazione positiva, complice ed attiva – che chiamiamo appunto cospirazione – può produrre.

In questo senso deve essere letto il Call Wind & Strike. Non semplicemente
come un azione solidale ma come una relazione in potenza di complicità  e
sentimenti precari ( e di precari/e ).

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