03/05/2007
3 maggio 2007 – Il Manifesto
Milano. Alla parata dei precari si divina il futuro e si consultano i tarocchi
Pesca la carta e ti dirò chi sei
100 mila alla Mayday parade
di Sara Farolfi
Milano – Il futuro? Alla Mayday si legge destino. E per conoscerlo si consultano gli «arcani» della precariomanzia gratuita. Pochi scampoli di speranza, però, per i centomila precari che ieri hanno sfilato lungo il centro di Milano. Hai tra le mani la «papessa», donna in pettorina rosa che simboleggia il diritto alla casa, agli affetti, al tempo e al sesso? Allora c’è da sperare di trovare subito il «santo». E il destino promette una maternità desiderata con i contributi pagati. Alla sua settima edizione, meno partecipata – notano in molti – almeno per quanto riguarda alcune delle sigle della cosidetta sinistra radicale, la parata precaria milanese continua ad intercettare comunque un «bottino goloso». Decine di migliaia di giovani e giovanissimi che vivono la precarietà come condizione esistenziale. Del lavoro e degli affetti. Diffidano della rappresentanza, politica e sindacale, e rivendicano il loro protagonismo. Inutile dire a che santo sono votati. Eccola la Mayday, precaria pure lei a soli sette anni, nel suo carnevalesco procedere tra il serio e il faceto. A ciascuno il suo arcano. Gli autorganizzati dello spettacolo, i giornalisti «creAttivi» e gli ormai storici precari della Scala, che aprono la colorata sfilata, esibiscono l’«appeso». Quello che attende il rinnovo del contratto, o il pagamento del lavoro svolto sei mesi prima. «Il più precario dei precari», al quale l’unica speranza può arrivare dalla «telefonista». In maglietta rossa, si presentano le «Winders», lavoratrici (e qualche lavoratore) del call center Wind di Sesto San Giovanni, di recente esternalizzati ad Omnia. Una trentina di loro al corteo. Contratto a tempo indeterminato, raccontano, «ma il nostro lavoro – è legato ora a una commessa da cui Wind potrebbe recedere in ogni momento». E con Omnia – dice – «ci sono già problemi con l’accredito degli stipendi». Sullo scorcio di piazza Duomo, come di consueto, san Precario intona «o mi bela madunaina, che sta mai hands in hands». «L’ambiente va tutelato a tempo indeterminato» dicono i precari dell’Arpa, che per l’occasione è diventata l’«agenzia regionale dei precari dell’ambiente». Vicini, i precari del Comune di Milano. La «catena» è il loro arcano, «quella che ti lega al lavoro, agli schedari, all’ufficio…». A proposito di Comune, immancabili i commenti del vice sindaco Riccardo de Corato. Per lui è una «spray parade», vede solo le scritte comparse su alcuni muri in solidarietà agli arrestati del 12 febbraio scorso e al centro sociale Gramigna. Ma mai come quest’anno la Mayday è filata via come una grande festa. Qualche centro sociale esibisce l’«immobile», temibile arcano che «se accompagnato dalla Macchina, può simboleggiare le ruspe che abbattono il centro sociale». Dietro, il carro dei migranti, «cittadini di fatto» si definiscono, quest’anno con l’inedita presenza di qualche cinese. A chiudere la parata, i sindacati autonomi Cub e SdL. Mario esibisce il suo cartello: «Sono a tempo determinato, scado il 3 maggio». Gran finale, come sempre, al castello Sforzesco tra musica e balli in piazza. Difficile da cogliere in una parola, la parata che fa della sua molteplicità e irriducibilità agli schemi della rappresentanza la propria ragione d’essere. Per l’anno prossimo, sentita la cartomante, si spera nel jolly.